Napoli, stipendi d’oro a moglie e figlia per svuotare casse società: sequestri per 2,4 milioni

di Redazione

Nonostante fosse ufficialmente in liquidazione, una società operante nel settore delle energie rinnovabili ha continuato ad operare sul mercato tra il 2016 e il 2022, secondo gli investigatori, con il solo scopo di svuotare le casse sociali. Questa la conclusione a cui sono giunti i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, che hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal gip del Tribunale partenopeo, su richiesta della Sezione Criminalità Economica della locale Procura della Repubblica, finalizzato alla confisca di beni per un valore complessivo di quasi 2,4 milioni di euro.

Il provvedimento ha colpito quattro immobili di pregio situati a Napoli, Massa Lubrense e Crotone, oltre alle quote di dieci società coinvolte nelle operazioni illecite. Le indagini hanno portato alla luce un sofisticato meccanismo di riciclaggio dei proventi della società, orchestrato dal liquidatore, che ha assunto tra gli altri anche la moglie e la figlia, garantendo loro stipendi elevati di 12.300 e 5.700 euro al mese, oltre a bonus di ingresso rispettivamente di 50mila e 30mila euro.

Ma le irregolarità non si sono fermate qui. Il liquidatore ha stipulato contratti di manutenzione con una società di cui era socio insieme alla moglie, sostenendo costi ingiustificati, visto che i lavori venivano poi affidati a terzi. Inoltre, ha disposto pagamenti per interventi di ripristino a seguito di presunti furti mai denunciati, e ha effettuato bonifici per oltre 2 milioni di euro a favore del proprio nucleo familiare, giustificandoli con causali fittizie.

Già nell’ottobre del 2023, la Procura aveva disposto un primo sequestro preventivo di beni per un valore di circa 4,2 milioni di euro, frutto di operazioni fraudolente legate alla bancarotta della società. Le indagini finanziarie successive hanno rivelato ulteriori operazioni di dissimulazione della provenienza delittuosa dei fondi: gli indagati avrebbero trasferito il denaro a società collegate, investito in beni di lusso e utilizzato somme ingenti per l’acquisto, la ristrutturazione e l’arredo di immobili.

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