Al via stamani la prima udienza del processo per l’omicidio di Santo Romano, il 19enne ucciso, nella notte tra il 1 e il 2 novembre scorsi, a San Sebastiano al Vesuvio, nel Napoletano. All’esterno del Tribunale dei minorenni di Napoli gli amici della vittima hanno urlato “Giustizia, giustizia!”. Alcuni tra parenti e conoscenti sono arrivati con due bus, parcheggiati a pochi metri dal Tribunale per i Minorenni. Su uno dei teli bianchi posti all’esterno del Tribunale si legge “Napoli alza la voce per i giovani che non possono più sognare”. Alcune mamme hanno espresso forte preoccupazione per i propri figli, chiedendo pene certe per chi commette reati.
Nel processo è imputato il 17enne Luigi, del quartiere Barra di Napoli, fermato poco dopo l’omicidio con l’accusa di essere responsabile della morte del 19enne originario di Volla, avvenuta in piazza Raffaele Capasso, a San Sebastiano, al culmine di una lite tra gruppi di giovani. Con un altro colpo il minorenne ferì al gomito un amico di Santo. Romano sarebbe stato ucciso per aver provato a fare da paciere in una rissa scoppiata per una scarpa pestata e sporcata. Un elemento alla base dell’omicidio di un altro giovane, Francesco Pio Maimone, ucciso nel marzo 2023 a Napoli, sul lungomare di Mergellina.
Su Luigi si erano subito concentrati i sospetti dei carabinieri. Decisive le riprese degli impianti di videosorveglianza presenti nella zona del delitto, subito acquisite dagli investigatori, oltre ad alcuni post pubblicati sui social network sia dal 17enne che da altri coetanei dopo la sparatoria. Contenuti in cui i ragazzi mimavano con le mani la forma di una pistola, probabilmente esaltando la violenza commessa poco prima.
Luigi confessava di aver sparato ma dicendo di averlo fatto per difendersi, versione contrastante rispetto ad altre testimonianze, e di aver comprato la pistola in un campo rom, pagandola 500 euro; arma non ancora rinvenuta. Secondo la sua versione, sarebbe stato aggredito da un gruppo di sette o otto ragazzi, uno dei quali armato di coltello, e avrebbe fatto l’impossibile per lasciare la piazza. “Mi sono difeso. Stavo avendo la peggio, ho visto uno di quei ragazzi che mi aggredivano impugnare un coltello, ho puntato l’arma e ho fatto fuoco”, ha detto il minorenne.
Dopo il delitto, il 17enne trascorreva la notte a Napoli, tra la zona dei baretti di Chiaia e gli chalet di Mergellina, prendendo un drink e mangiando qualcosa. L’ipotesi è che stesse attendendo qualcuno che gli desse rifugio, cosa che avrebbe poi trovato in un appartamento non lontano dall’abitazione dei genitori, lasciando lì anche la Smart utilizzata per il delitto, e dove poi veniva rintracciato dai carabinieri della compagnia di Torre Del Greco. “Non tornare a casa, ci sono i carabinieri, ti stanno cercando”. Questo è il messaggio ricevuto da Luigi, inviato da qualche conoscente.
Pochi mesi prima, a maggio, Luigi era stato scarcerato dall’Istituto penale minorile napoletano di Nisida. Su di lui già gravavano numerosi precedenti penali, con denunce e anche un arresto. È “socialmente pericoloso”, come stabilì una perizia psichiatrica effettuata due anni fa dopo una denuncia della madre. Era uscito dal penitenziario minorile poiché, secondo il suo legale, i disturbi comportamentali da cui è affetto lo renderebbero non imputabile.