“Anora” di Sean Baker stravince ma non convince. Questo potrebbe il titolo più adatto da riservare alla 97esima edizione dei Premi Oscar andata in archivio in una notte segnata da piccole sorprese e grosse delusioni. Ci si attendeva un riscontro positivo per il film indipendente di Baker, soprattutto dopo l’inattesa conquista della Palma d’Oro a Cannes 2024, ma non certo il tripudio, a dir poco, ingiustificato. Cinque statuette su appena sei nomination, e che statuette! Miglior film, regia, sceneggiatura originale, montaggio e attrice protagonista, la semisconosciuta Mickey Madison.
E cominciamo, proprio, da quest’ultima, autrice, chiaramente non volontaria, dello scippo più imbarazzante della serata ad opera della divina Demi Moore. L’ex “attrice da popcorn”, come si è autodefinita nel ritirare un meritato Golden Globe lo scorso gennaio, che ha decisamente contribuito a incrementare, negli anni Novanta, gli introiti degli Studios hollywoodiani con i blockbuster da lei, ora possiamo dirlo, magistralmente interpretati, era, ovviamente, alla ricerca di un riscatto autoriale. L’occasione è arrivata a 62 anni segnati da un fascino indelebile con il “body horror” di Coralie Fargeat, “The Substance”, nel quale ha giganteggiato, in quanto a bravura performativa, senza eguali nella stagione in corso, dando vita a un personaggio “mostruoso” che di certo rimarrà negli annali della Settima Arte planetaria. Cosa che non succederà alla giovane Madison, sicuramente volenterosa nel tenere a galla una pellicola carina ma nulla più, ennesima variazione sul tema della “Cenerentola” che, forse, trova un amore, anzi due, che la risollevino da un mondo di stripper sognatrici ma, a conti fatti, senza un domani. Insomma, un plot abbastanza scontato, che tanto somiglia a “Pretty Woman” ma privo del magnetismo del sorriso di Julia Roberts.
In una Notte delle Stelle, che ha deciso di premiare l’ordinarietà (se non la mediocrità), fugge l’Academy Award, anche, dalle mani del divetto Timothée Chalamet, icona inevitabile della corrente annata cinematografica, con un’accoppiata di ruoli in “Dune” di Denis Villeneuve e “A Complete Unknown” di James Mangold degni di più di una sacrosanta menzione. Evidentemente il ragazzino ribelle, che dichiara ad alta voce, in occasione della recente vittoria ai Sag Award, di aspirare a diventare il più grande di tutti, è stato severamente punito per un tale oltraggio a favore del mite e impegnato Adrien Brody, certamente eroico nel sostenere le quasi quattro ore di “The Brutalist” di Brady Corbet, al suo secondo trofeo personale nella categoria di attore protagonista dopo il memorabile, questo decisamente sì, “Il pianista” di Roman Polanski.
Terzo e ultimo sconfitto della serata rimane, senza dubbio, il francese “Emilia Perez” di Jacques Audiard, menzionato, in sede di candidature, per 13 volte e uscito, quasi, a mani vuote con le sole statuette all’eccezionale Zoe Saldana, miglior attrice non protagonista (anche se è parso, sin dall’inizio, strano vederla relegata in tale categoria dato la sua presenza in ogni fotogramma del lungometraggio) e alla canzone originale. Purtroppo, l’originalissima opera di Audiard ha pagato le tante polemiche (strumentali?) scatenate dai vecchi tweet razzisti e antisemiti della protagonista trans Karla Sofìa Gascòn, perdendo, sul fil di lana, anche uno scontato (alla vigilia) trofeo per il film internazionale andato, per la prima volta, al Brasile grazie al pregevole “Io sono ancora qui” di Walter Salles.
E l’Italia? Aveva in gara Isabella Rossellini, quale attrice non protagonista in “Conclave”, ma certamente non nutriva speranze di trionfo, dato il pronostico praticamente chiuso nella cinquina da una Saldana in pole position, come è accaduto anche per l’attore non protagonista Kieran Culkin annunciato e confermato vincitore per “A Real Pain” di Jesse Eisenberg. La Rossellini rimarrà, comunque, indimenticabile, forse non per la sua brevissima performance nella pellicola di Edward Berger, ma per l’abito “blue velvet” indossato, chiaro tributo al suo ex compagno David Lynch recentemente scomparso, a ricordare a tutti i delusi della serata che anche un genio come lui non ha stretto nelle mani l’ambita statuetta strameritata per ciascuno dei capolavori creati e donati al pubblico per l’eternità.