Napoli – Ad un anno dalla sua scomparsa, è stata intitolata a Nicola Barbato, il poliziotto eroe gravemente ferito mentre tentava di sventare un’estorsione nel 2015, la nuova associazione antiusura della Fai – Federazione Antiracket Italiana.
Inaugurata nella sala consiliare della Settima Municipalità di Napoli, la nuova realtà, la prima del quartiere Secondigliano, ha mosso i suoi primi passi dalle stanze del locale commissariato, dove i commercianti della zona hanno denunciato i propri aguzzini, poi arrestati. Alla cerimonia hanno preso parte la presidente della commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo e la figlia di Nicola Barbato, Giovanna, anche lei poliziotto. Ad aprire i lavori Rosario D’Angelo e Paolo Serpico, rispettivamente coordinatore regionale della Fai e presidente della neonata associazione.
“La storia di Nicola Barbato – ha commentato Colosimo – è strettamente legata all’antiracket perché racconta ai ragazzi di come a volte si diventa eroi per caso, anche quando non lo si vuole essere, semplicemente facendo il proprio dovere. Lui ha fatto il proprio dovere, questa città gli deve molto, questo territorio gli deve ancora di più”. “E’ la risposta non dello Stato, che abbiamo già ricevuto, ma quella del cittadino comune che ha creduto nel sacrificio di mio padre. Questo ci dà la speranza che possiamo ancora lottare contro il racket”, le parole di Giovanna Barbato. Le difficoltà nella lotta al “pizzo” sono ancora molte, come sottolinea D’Angelo: “Purtroppo gli operatori economici hanno ancora molto paura, non sono ancora convinti di intraprendere la strade della legalità. Il nostro obiettivo è, quindi, quello di fare da sentinella sul territorio”. Intanto, l’associazione è sempre pronta a dare sostegno alle vittime: “Noi non siamo eroi, non facciamo battaglie, – spiega Serpico – semplicemente supportiamo fisicamente, psicologicamente e moralmente, attraverso l’associazione, chi ha voglia di denunciare il racket”.
Casertano, originario di Gricignano di Aversa e residente tra Carinaro e Teverola, vice sovrintendente della Polizia di Stato, cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e medaglia d’oro al valor civile, Nicola Barbato è deceduto il 9 marzo dello scorso anno. Il 25 settembre 2015 era in servizio antiracket, in borghese, in via Leopardi, nel quartiere Fuorigrotta di Napoli. Insieme ad un collega stava presidiando un negozio di giocattoli. Per non destare sospetti, i due agenti indossavano le divise dell’esercizio commerciale. All’improvviso un giovane aprì lo sportello e fece fuoco contro l’agente, ferendolo gravemente. Si trattava di Raffaele Rende, 28 anni, napoletano, arrestato il giorno dopo e successivamente condannato a 14 anni di reclusione in primo grado con rito abbreviato.
Barbato rimase tra la vita e la morte per molti giorni, ma si salvò, restando purtroppo costretto ad una sedia a rotelle. Un filo spezzato che, però, è stato idealmente ripreso dai figli di Barbato, Giovanna e Luigi, che hanno frequentato il corso e giurato fedeltà alla Repubblica, insieme ad altri figli vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata che hanno storie simili alle spalle. IN ALTO IL VIDEO