Aversa, “Il lavoro come dignità e speranza”: Giovanni Bo ricorda l’incontro con Papa Francesco

di Antonio Taglialatela

Aversa (Caserta)«Senza lavoro non c’è dignità». Tra le eredità spirituali e sociali che Papa Francesco lascia al mondo, questo resta uno dei richiami, più forti e attuali, alla costante responsabilità, rivolto non solo ai governanti ma anche agli imprenditori, chiamati a essere protagonisti di uno sviluppo capace di mettere al centro la persona. Un messaggio che Giovanni Bo, presidente della sezione Turismo di Confindustria Caserta e patron di “Esagono”, azienda di Aversa tra le eccellenze italiane del design di interni, porta con sé come guida nel proprio percorso umano e professionale.

Era il 2 luglio 2020 quando, nel pieno della pandemia, incontrò il Pontefice in Vaticano insieme a una delegazione di imprenditori casertani. Un’udienza che, come ricorda Bo, andò oltre la ritualità istituzionale. «Ho avuto la grazia di vivere quell’incontro in un tempo drammatico per il mondo produttivo e per l’intera società. – racconta Bo – Le parole del Santo Padre, semplici e dirette, ci invitavano a non smarrire la rotta, di non perdere di vista il valore umano del lavoro, anche quando tutto sembrava fermo e incerto. Oggi, nel salutarlo, sento il dovere di rinnovare quell’impegno».

Il tema del lavoro fu il cuore del dialogo tra Bergoglio e gli imprenditori. Bo rivolse al Papa una domanda su quale dovesse essere il ruolo degli imprenditori per contribuire allo sviluppo sociale in un momento tanto difficile. «Ci invitò a essere solidali, a mettere al centro la salvaguardia dell’occupazione. – ricorda Bo – Ci esortò a non limitarci alla logica del profitto, ma a usare la nostra creatività e le nostre competenze per generare innovazione e trasformare il sapere in valore condiviso, capace di creare opportunità per le persone e per le comunità». Espressioni che risuonavano con particolare forza in un territorio come Terra di Lavoro, dove le disparità economiche e sociali sono spesso più acute, e che, sottolinea Bo, «rappresentano ancora oggi uno stimolo per chi, come me, ha il privilegio ma anche l’onere di guidare un’azienda. Non si tratta solo di fare impresa, ma di contribuire a costruire benessere e futuro, di essere parte attiva di un progetto collettivo che metta sempre al primo posto la dignità delle persone».

Nel ricordo di quell’udienza, ciò che più resta impresso in Giovanni Bo è la straordinaria umanità del Pontefice, la sua capacità di leggere con lucidità i cambiamenti del tempo e di affidare ai presenti un compito chiaro e profondo: essere costruttori di speranza attraverso il lavoro: «Ci ha insegnato che ogni scelta economica è anche una scelta etica, che fare impresa significa prima di tutto servire la comunità. È questo il testimone che lascia a tutti noi. Un’eredità che sento il dovere di onorare ogni giorno, con gratitudine e rispetto».

In un tempo ancora segnato da disuguaglianze, precarietà e sfide globali, il pensiero di Francesco continua a indicare una direzione possibile: costruire un’economia che non escluda, capace di garantire un futuro decoroso per tutti. «Sono venuto dalla fine del mondo», disse il giorno della sua elezione, quasi a ricordarci lo sguardo di chi sa vedere le periferie, le fragilità, le ingiustizie con occhi diversi. Ed è proprio da quello sguardo, attento agli ultimi e ai dimenticati, che nasce l’invito a non considerare il lavoro solo come strumento di crescita economica, ma come diritto universale, come via per restituire speranza e costruire coesione sociale.

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