Il Tar ha accolto il ricorso presentato da Giuseppina Caputo, consigliera comunale di opposizione del gruppo “Teverola Sostenibile”, contro il diniego tacito del Comune di Teverola rispetto a una richiesta di accesso agli atti amministrativi riguardanti il campo sportivo situato nella zona Asi del territorio comunale.
La richiesta, formulata da Caputo il 9 dicembre 2024, era finalizzata all’ottenimento della documentazione completa sull’impianto sportivo, da anni chiuso e oggetto di numerose segnalazioni da parte dei cittadini, che lamentano degrado e incuria. Tuttavia, dal Comune non è giunta alcuna risposta entro i termini previsti dalla legge, configurando così un diniego per silenzio, contro cui la consigliera ha deciso di ricorrere per vie legali, assistita dall’avvocato Vincenzo Pecorario.
Nella camera di consiglio del 13 febbraio scorso, il collegio giudicante – composto dalle magistrate Maria Laura Maddalena (presidente), Gabriella Caprini (consigliere) e Maria Grazia D’Alterio (relatore ed estensore) – ha ritenuto fondate le ragioni della ricorrente. Il tribunale amminsitrativo ha infatti riconosciuto che, in quanto consigliera comunale, Caputo aveva pieno titolo a ottenere le informazioni richieste, ai sensi dell’articolo 43 del Testo Unico degli Enti Locali (Decreto legislativo 267/2000), oltre che della legge 241/1990 in materia di accesso agli atti.
La sentenza, pubblicata oggi, 8 aprile, ribadisce un principio già consolidato in giurisprudenza: i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutta la documentazione amministrativa utile allo svolgimento del proprio mandato, salvo che le richieste non risultino palesemente generiche, emulative o ostruzionistiche. Nel caso in esame, invece, l’istanza era pienamente motivata e finalizzata a verificare la gestione dell’impianto sportivo comunale, nell’ottica del controllo democratico e dell’esercizio delle prerogative istituzionali.
Alla luce di quanto emerso, i giudici amministrativi hanno ordinato al Comune di Teverola di consegnare alla ricorrente, entro trenta giorni, la documentazione richiesta. Inoltre, l’ente è stato condannato al pagamento delle spese legali, quantificate in 1.500 euro.