200mila a San Pietro per l’addio a Papa Francesco. Trump-Zelensky, incontro prima dei funerali

di Redazione

Si è chiuso con una folla immensa, nel cuore di piazza San Pietro, il lungo saluto a Papa Francesco. Un commiato carico di emozione e raccoglimento, che ha visto riuniti capi di Stato e di governo accanto a migliaia di fedeli giunti da ogni angolo del mondo.

Una partecipazione imponente: oltre 200mila persone, secondo le stime vaticane, con l’accesso alla piazza chiuso già nelle prime ore della mattinata per il raggiungimento della capienza massima di 50mila presenze. Ma l’onda di affetto ha invaso anche via della Conciliazione, piazza Pia e l’area di Castel Sant’Angelo, dove maxi schermi hanno trasmesso le immagini della cerimonia.

Il feretro del Pontefice, una semplice cassa di legno, è stato portato a spalla dai sediari vaticani tra gli applausi della folla, prima di essere deposto sul sagrato della Basilica, accanto al cero pasquale e al Vangelo aperto, le cui pagine si lasciavano sfogliare dal vento. A pochi passi, l’icona della Salus Populi Romani, a cui Papa Francesco è rimasto profondamente devoto per tutta la vita.

Le campane hanno scandito l’inizio delle esequie, seguite da un commosso minuto di silenzio. Sul sagrato, la celebrazione è stata presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, che nell’omelia ha ricordato l’intensità di un pontificato lungo dodici anni: «In questa maestosa piazza, dove tante volte Papa Francesco ha celebrato l’Eucaristia e presieduto incontri con il popolo di Dio, oggi ci stringiamo attorno alle sue spoglie, con il cuore triste ma sorretto dalla certezza della fede». Un omaggio che ha voluto sottolineare come il Papa argentino abbia saputo toccare “menti e cuori”, imprimendo alla guida della Chiesa uno stile pastorale diretto, fatto di ascolto, accoglienza e attenzione agli ultimi.

Tra i leader mondiali accorsi in Vaticano, anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, accompagnato dalla moglie Melania, che si è soffermato in raccoglimento davanti alla bara del Pontefice. Poco prima dell’inizio della funzione, Trump ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: un breve colloquio definito «molto produttivo» dal portavoce della Casa Bianca.

L’ultimo viaggio terreno di Francesco si è compiuto lungo le vie simboliche di Roma, in un corteo funebre di mezz’ora che ha attraversato la città, seguito con rispetto e silenzio da quanti si erano assiepati lungo le transenne. La sepoltura è avvenuta nella Basilica di Santa Maria Maggiore, lontano dai riflettori, secondo le volontà del Pontefice. Qui, sulle gradinate, ad attenderlo c’erano una quarantina di poveri: senzatetto, sei detenuti del carcere di Rebibbia autorizzati per l’occasione, alcune persone transessuali. Tutti con una rosa bianca tra le mani, lo stesso fiore deposto vicino al feretro in San Pietro, ultimo simbolico omaggio al “Papa della pace”, al “Papa degli ultimi”.

La tomba, scolpita in marmo ligure, reca solo l’iscrizione Franciscus e la riproduzione della sua croce pettorale. Un segno di semplicità, in continuità con la scelta del nome che Jorge Mario Bergoglio fece nel 2013 ispirandosi a San Francesco d’Assisi, manifestando sin dall’inizio la direzione del suo pontificato.

«È stato un Papa vicino alla gente, con il cuore aperto a tutti, capace di parlare al mondo con parole semplici e immagini forti», ha ricordato ancora il cardinale Re. «La Chiesa per lui era una casa dalle porte sempre spalancate, un ospedale da campo pronto a curare le ferite dell’umanità, senza distinzioni di credo o condizione». Un pastore che, fino all’ultimo giorno, nonostante la fragilità della malattia, ha scelto la via della donazione e del servizio, come testimonia l’immagine della sua ultima apparizione pubblica: la benedizione impartita dal balcone della Basilica di San Pietro la scorsa Pasqua, seguita dalla discesa tra la folla a bordo della papamobile scoperta.

Papa Francesco lascia l’eredità di un pontificato segnato dall’annuncio della “gioia del Vangelo”, dalla difesa dei più deboli, dall’impegno costante per la pace e dalla denuncia delle ingiustizie sociali e dei conflitti. Una voce che ha saputo interpretare le sfide di questo tempo, quel “cambiamento d’epoca” che egli stesso amava definire con lucidità e speranza.

Nel silenzio che ha avvolto piazza San Pietro al termine della cerimonia, resta il segno profondo di un Papa che ha saputo farsi compagno di viaggio dell’umanità. Con il volto mite di chi ha scelto di essere servo e non padrone, pastore e non principe.

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