Addio a Roberto De Simone, custode dell’anima popolare napoletana

di Redazione

Napoli – La cultura italiana perde uno dei suoi massimi interpreti: Roberto De Simone si è spento nella serata di domenica 6 aprile nella sua casa di via Foria, nel seicentesco Palazzo Ruffo di Castelcicala, nel cuore della città che lo aveva visto nascere 91 anni fa. Da settimane le sue condizioni di salute si erano aggravate, a seguito di un ricovero per problemi respiratori. Accanto a lui, al momento della scomparsa, c’erano la sorella Giovanna e il nipote Alessandro.

Compositore, musicologo, regista, scrittore, drammaturgo e insigne studioso delle tradizioni popolari, De Simone è stato tra i più autorevoli e appassionati custodi dell’identità culturale napoletana e meridionale. La sua opera ha rappresentato un ponte fra il mondo arcaico delle feste, dei riti e delle voci popolari e la contemporaneità del teatro e della musica colta.

L’eredità di un gigante – Nato a Napoli il 25 agosto 1933, De Simone ha intrapreso giovanissimo gli studi musicali al Conservatorio San Pietro a Majella, dove si è formato in pianoforte e composizione. Negli anni Sessanta ha avviato una capillare attività di ricerca etnomusicologica, scandagliando le profondità della cultura orale campana. Da questi studi è nato nel 1967 il progetto della Nuova Compagnia di Canto Popolare, con Giovanni Mauriello, Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò, gruppo che per un decennio ha reinterpretato in chiave colta il repertorio popolare del Sud, segnando una svolta nella musica italiana. Il capolavoro che lo ha consacrato al grande pubblico è “La Gatta Cenerentola”, presentato nel 1976 al Festival dei Due Mondi di Spoleto: una “favola in musica” ispirata alla fiaba di Giambattista Basile che intreccia cunto, tarantelle, polifonie arcaiche e scenari barocchi. L’opera è diventata un classico del teatro musicale del Novecento, rappresentata in tutto il mondo.

Il teatro e la musica colta – Accanto al recupero del patrimonio popolare, De Simone ha firmato regie di grande prestigio nei maggiori teatri d’opera, dal San Carlo di Napoli alla Scala di Milano, collaborando con artisti come Eduardo De Filippo e Lina Wertmüller, dirigendo opere di Mozart, Verdi, Rossini e Pergolesi. Direttore artistico del Teatro San Carlo (1981-1987) e del Conservatorio San Pietro a Majella (dal 1995 al 2000), ha unito il rigore filologico all’estro visionario. Tra le sue composizioni più significative: Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini (1985), Lauda intorno allo Stabat, Populorum Progressio, Il Re Bello, e Eleonora, dedicata alla rivoluzione napoletana del 1799.

La voce della memoria – Instancabile saggista e autore, ha pubblicato per Einaudi numerosi volumi – tra cui Il presepe popolare napoletano, La Cantata dei Pastori, La canzone napolitana – che costituiscono una vera enciclopedia dell’anima popolare meridionale. La sua opera, tanto musicale quanto letteraria, ha rappresentato una forma di resistenza culturale contro l’omologazione e la perdita della memoria collettiva.

Riconoscimenti e onorificenze – Nel corso della sua lunga carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Nonino, la medaglia d’oro ai Benemeriti della Cultura, e l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Era Accademico di Santa Cecilia dal 1998.

Un vuoto incolmabile – I funerali del maestro sono in corso di organizzazione e, salvo variazioni, si terranno mercoledì. Napoli e l’Italia intera piangono oggi un uomo che ha dedicato la vita a dare voce ai senza voce, a salvare il canto antico di un popolo, trasformandolo in arte immortale.

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