I carabinieri del Gruppo di Aversa, a conclusione di un’attività investigativa coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 soggetti, tra cui tre elementi di spicco del Clan dei Casalesi – fazioni Bidognetti e Schiavone. Si tratta di Antonio Fusco, 45 anni, imprenditore, Nicola Gargiulo, 58, detto “Capitone” di Lusciano; Nicola Pezzella, 62, detto “Palummiello”, genero del defunto boss pentito Carmine Schiavone; Hermal Hasanai, 41, albanese, e Umberto Meli, 39, di Castel Volturno.
Uno di questi, Fusco, noto imprenditore attivo nell’area del litorale domitio, è risultato essere l’imprenditore di stabile riferimento del clan per il finanziamento delle casse della famiglia Bidognetti attuato mediante iniziative economiche comuni con esponenti del gruppo criminale. Tra queste, l’acquisto all’asta di numerosi immobili, laddove l’imprenditore avrebbe corrisposto delle somme di denaro ad appartenenti al clan, grazie al cui intervento, gli altri offerenti venivano indotti a rinunciare alla partecipazione all’incanto così da consentire all’imprenditore di aggiudicarsi i beni. L’imprenditore, secondo quanto ricostruito, sarebbe direttamente coinvolto anche in un progetto per la realizzazione di un ristorante di una nota catena di fast food in un terreno a Castel Volturno, lungo la via Domiziana, già di proprietà di un imprenditore colluso con il clan Bidognetti e colpito da confisca di prevenzione.
Ulteriori elementi, inoltre, sono stati raccolti a carico di Nicola Pezzella, ritenuto referente del gruppo Bidognetti per la gestione delle attività estorsive sui territori dei comuni di Lusciano e Parete, storicamente di egemonia del clan. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini, lo stesso, dopo aver riportato diverse condanne per “fatti di camorra,” principalmente legati alla realizzazione di estorsioni e di detenzione di armi, oltre che per la partecipazione al clan dei casalesi, ed aver scontato un lungo periodo di detenzione, una volta tornato in libertà avrebbe immediatamente ripreso le redini del gruppo camorristico dei Bidognetti, ricominciando a realizzare condotte estorsive e acquisendo, così, un ruolo di grossa caratura all’interno della cosca. Gli inquirenti, infatti, hanno documentato il suo diretto coinvolgimento in un’estorsione ai danni di un imprenditore edile al quale dapprima veniva imposto di sospendere i lavori ed in un secondo momento veniva imposto di versare una cospicua somma di denaro da destinare ai detenuti del clan.
Nicola Gargiulo, invece, è stato individuato quale referente del gruppo Schiavone, con particolare riferimento al settore delle estorsioni sul territorio. Anch’egli, terminato un lungo periodo di detenzione, qualche tempo dopo la sua scarcerazione, si sarebbe immediatamente attivato non solo per porre in essere nuove attività estorsive, ma anche per realizzare condotte nell’ambito del traffico di droga, confermandosi come una figura di primo piano del clan dei casalesi, fazione Schiavone.
Altri elementi, infine, sono stati raccolti a carico dell’albanese Hasanai. Questi, pur non essendo partecipe del clan dei casalesi, in cambio dell’autorizzazione a gestire in regime di sostanziale monopolio le forniture di sostanze stupefacenti alle piazze di spaccio del litorale domitio, avrebbe offerto il proprio contributo al raggiungimento degli scopi del clan, versando una percentuale fissa sulle cessioni di sostanze stupefacenti da lui realizzate e procurando armi ad esponenti del clan stesso medesimo.
Sul conto di quest’ultimo e di Umberto Meli, anch’egli attinto da provvedimento cautelare, sono stati raccolti numerosi elementi tesi a riscontrarne il coinvolgimento, insieme ad altri soggetti appartenenti al clan e per i quali si è proceduto separatamente, in un’estorsione ai danni di un imprenditore operante sul litorale domitio, dal quale con violenza e minacce, veniva preteso il pagamento di una somma di 15mila euro.