Liliana Resinovich, il marito Sebastiano indagato per omicidio

di Redazione

Un cold case che da oltre tre anni tiene con il fiato sospeso l’opinione pubblica italiana torna prepotentemente alla ribalta. Il mistero sulla morte di Liliana Resinovich, la donna di 63 anni scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata cadavere 22 giorni dopo nel bosco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, a pochi passi da casa, potrebbe essere a una svolta decisiva.

Sebastiano Visintin, marito della vittima, è stato ufficialmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio. La notizia è stata anticipata dalla trasmissione “Quarto Grado”, che nella puntata andata in onda ieri sera su Retequattro ha rivelato anche nuovi dettagli sull’inchiesta condotta dalla Procura di Trieste.

Martedì scorso, infatti, gli investigatori hanno perquisito l’abitazione di Visintin. Un blitz durato sette ore, durante il quale – come riportato dal giornalista Carmelo Abbate – gli inquirenti non sarebbero usciti a mani vuote. Si tratterebbe di un passaggio cruciale nell’ambito di un’indagine che ha finalmente imboccato un binario preciso, dopo mesi di incertezze e ricostruzioni contrastanti.

A ribaltare definitivamente la tesi iniziale del suicidio – più volte contestata dai familiari – è stata l’ultima perizia medico-legale affidata dalla Procura all’anatomopatologa Cristiana Cattaneo, coadiuvata dagli esperti Vanin, Tambuzzi e Leone. Un documento di oltre 200 pagine che sgombra ogni dubbio: Liliana è stata uccisa.

Secondo il pool di esperti, la causa della morte è “asfissia meccanica esterna”, compatibile con un’azione violenta esercitata da un’altra persona. Non solo: la donna sarebbe deceduta nella mattinata del 14 dicembre 2021, entro quattro ore dalla colazione, collocando il momento della morte tra le 8 e le 12. Proprio quel giorno, alle 8.50, Liliana era stata ripresa per l’ultima volta da una telecamera a bordo di un autobus, mentre attraversava piazzale Gioberti.

Il cadavere fu ritrovato il 5 gennaio 2022, avvolto in due grandi sacchi neri da rifiuti, con la testa infilata in due sacchetti trasparenti da alimenti chiusi con un laccio attorno al collo. Una modalità di occultamento che, secondo i periti, esclude ogni ipotesi di suicidio.

A chiedere con insistenza che si indagasse sul marito era stato, ancora una volta, il fratello della vittima, Sergio Resinovich. Dopo l’uscita della superperizia, Sergio aveva puntato il dito non solo contro Visintin, ma anche contro persone vicine a lui, ipotizzando un movente economico e una volontà di controllo sulla donna. Aveva parlato apertamente di “femminicidio” e sottolineato come il marito avesse “interesse a far ritrovare il corpo”, per poter entrare in possesso dell’eredità e della pensione di reversibilità. Già due anni fa, il fratello aveva presentato un esposto in procura con le stesse accuse.

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