Diciotto anni e otto mesi di reclusione. È questa la pena inflitta, con rito abbreviato, al minorenne accusato dell’omicidio di Santo Romano, il giovane calciatore diciannovenne ucciso nella notte tra l’1 e il 2 novembre scorso a San Sebastiano al Vesuvio. A emettere la sentenza, al termine di un processo segnato da forte tensione emotiva, è stato il giudice per l’udienza preliminare Umberto Lucarelli, che ha riconosciuto il ragazzo colpevole di omicidio volontario, tentato omicidio e porto illegale d’arma da fuoco, applicando una pena più severa di quella, pari a 17 anni, chiesta dall’accusa.
All’esterno del Tribunale per i Minorenni di Napoli, ad attendere l’esito dell’udienza, c’era una folla composta ma determinata: amici, familiari, compagni di squadra di Santo. In tanti hanno gridato “Vergogna”, “Fate schifo”, disapprovando la sentenza. “La giustizia ha fallito di nuovo, è uno schifo, per questo i minorenni continuano ad ammazzare”, ha detto Filomena Di Mare, mamma di Santo. “E’ un fallimento della società. Se proviamo a insegnare ai nostri figli il rispetto delle regole e poi vediamo queste cose… siamo in una guerra, non sotto le bombe ma di fronte a pistole e coltelli che possono colpirci in ogni momento”, ha aggiunto Mariarca, zia della vittima.
Altrettanto duro il commento di Simona, fidanzata di Santo: “Mi aspettavo il massimo che un minorenne potesse ricevere dopo un omicidio. Se dall’aula di tribunale lo condannano a 18 anni e 8 mesi, per consentire a un ragazzo che a 17 anni commette già reati del genere di reinserirsi nella società perché è giovane, a me non sta bene Non lo dico solo perché hanno ucciso il mio fidanzato davanti ai miei occhi, ma perché non esiste che a quell’età si possano commettere omicidi, credendo che questa persona possa avere una sorta di redenzione. Adesso mi aspetto che questa sentenza sia rispettata e che vengano scontati tutti in maniera severa”.
Il pubblico ministero Ettore La Ragione, della Procura guidata dalla dottoressa Patrizia Imperato, aveva ricostruito durante il processo la dinamica dell’aggressione: una lite scoppiata per un motivo futilissimo – probabilmente una scarpa sporcata nella calca della movida vesuviana – culminata con due colpi di pistola esplosi a distanza ravvicinata e indirizzati al torace del 19enne.
Santo Romano non era un ragazzo qualunque: era una promessa del calcio giovanile, portiere dell’Asd Micri, società sportiva che milita nel campionato di Eccellenza con sede a Pomigliano d’Arco. La sua morte, avvenuta per un pretesto insignificante, è diventata il simbolo di una ferita generazionale profonda. “Non possiamo accettare che una discussione finisca in tragedia”, sussurrano gli amici, ancora increduli di fronte a una perdita tanto insensata. “Santo è stato ucciso per una banalità: qualcosa che non dovrebbe mai costare una vita”.