Prestiti fino a 30mila euro, interessi che toccavano anche il 300% annuo, minacce velate e un lessico fatto di “grissini”, “mutande” e “pasticcini” per celare le richieste di pagamento. È questo il quadro che emerge dall’operazione “Summus”, portata a termine dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino sotto il coordinamento della Procura della Repubblica, con l’emissione di misure cautelari personali nei confronti di quattro soggetti indagati per usura aggravata. Uno di loro è finito agli arresti domiciliari, mentre per gli altri tre è stato disposto l’obbligo di dimora nel Comune di Torino e/o di presentazione alla polizia giudiziaria.
Al centro dell’indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino, tre fratelli di origine siciliana – due dei quali con precedenti per reati analoghi – che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero portato avanti, almeno dal 2020, una fitta rete di prestiti usurari nella zona nord del capoluogo piemontese. A loro si affiancava un quarto soggetto, che avrebbe ricoperto un doppio ruolo: intermediario in una delle operazioni e, al contempo, vittima egli stesso. Proprio per questa sua “collaborazione”, avrebbe ottenuto condizioni più favorevoli rispetto alle altre vittime, con un tasso d’interesse “agevolato” del 10% mensile, contro il 15-25% applicato abitualmente – in alcuni casi anche di più.
Le indagini, avviate alla fine del 2022, si sono sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, consultazioni di banche dati e analisi dei flussi finanziari. Il risultato è un impianto accusatorio dettagliato, che ha permesso di ricostruire oltre una dozzina di episodi usurari, tutti ai danni di imprenditori in difficoltà economica, spesso soggiogati dal timore e dall’omertà alimentati anche da allusioni a fantomatici creditori “meno pazienti”.
I finanziamenti variavano da poche centinaia di euro fino a 30mila, con una riscossione programmata su base settimanale o mensile. Il lessico usato tra gli indagati, volutamente ambiguo ma codificato, serviva a non destare sospetti: “mutande”, “pane” o “grissini” erano i termini con cui si indicavano le somme da restituire.
Nel corso dell’operazione, già lo scorso ottobre erano state effettuate diverse perquisizioni, condotte con il supporto tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) e con l’ausilio di sofisticate tecnologie. Durante le attività sono stati rinvenuti circa 58mila euro in contanti: parte della somma era stata nascosta all’interno di mobili, mentre una parte significativa è stata trovata addirittura murata in una parete di un’abitazione riconducibile agli indagati. IN ALTO IL VIDEO