AVERSA. I silenzi nelle famiglie appiattiscono i rapporti con chi ci ama. Restare ore ed ore in silenzio, far finta di scambiare qualche parola, informarsi sullandamento dei figli che vanno a scuola, chiedere cosa cè a pranzo, e poi lasciar cadere la cosa, come se nulla fosse.
Il silenzio, ritorna trionfatore. Almeno, in certi contesti familiari, i silenzi diventano assordanti tanto da sfondare i timpani. Tante volte, ci capita di andare nei locali, ristoranti e pizzerie, e nel sederci mentre attendiamo il cameriere, posiamo lo sguardo sui commensali seduti in sala, buttando locchio qua e là, salutare qualche conoscente e così via. Ci capita di vedere. Famiglie con bambini, coppie giovani o anziani, comitive di amici, ecc. Bene. Ora riflettiamo un po: quante volte abbiamo visto persone che, sedute ai tavoli a mangiare, se ne stanno li per ore. Senza scambiarsi una parola. Anzi. Una parola la crea loccasione, del cameriere che si avvicina e chiede loro lordinazione. In quel mentre, notiamo che inizia un dialogo che, serve per lappunto a rompere quel silenzio quasi opprimente. Momento questo, che dura si e no, due minuti. Ma manca qualcosa, manca il vero dialogo.
Una sera, in un locale, a fianco al mio tavolo, una comitiva di Sordomuti, irruppe nella sala. Saranno stati allincirca dieci persone. Sono entrati gesticolando e facendo versi con la bocca, a noi, che stavamo li, (sembrava una sala di lettura, più che una pizzeria) quasi creava fastidio, come se quel silenzio che regnava sovrano in quella sala, fosse un piatto speciale e facesse parte anchesso del menù. Mangiare, non parlare e far finta di trascorrere la serata in piacevolezza. Ma così davvero non era! Ritornando al tavolo dei non udenti, tutti i clienti del locale, hanno posato lo sguardo su di loro.(finalmente avevano trovato qualcosa da fare, per meglio impegnare il tempo e riempire i loro Silenzi morti e definirli tali,davvero non è eccessivo. Gli occhi, non più sui quadri del locale, sulle suppellettili e sui menù. Ma lattenzione, era riservata tutta a loro. Li sentivamo e li vedevamo che, con allegria si scambiavano versi, parole, gesti a noi forse strani, ma per loro usuali e normali. Anche dopo che, il cameriere è passato al loro tavolo, a prendere lordinazione. Un momento da ricordare. Con pochi gesti si facevano capire e devo dire, contribuendo indirettamente, a riempire quel silenzio in sala, con tantissima allegria.
Mentre la serata scorreva via, era impossibile non guardare, sbirciare con la sguardo, quasi invidiandoli. Son certo. Quanti di noi. Avrebbero desiderato, star seduti al loro tavolo. Dio ha negato a queste Persone straordinarie il dono della parola. Ma, non volendo, ha dato loro, molto di più, rispetto a chi la parola ce lha. Le loro emozioni sono vere. Ridono, gridano, vivono la loro condizione con serenità e dignità. Si divertono, con gli occhi parlano molto più, di chi dice tante parole che, il più delle volte son pure inutili stridenti e senza senso. Questo io credo, sia linsegnamento che dobbiamo far nostro e da prendere come valido esempio.
Riflettiamo su questo aspetto: in quante famiglie questi silenzi, sono distruttivi e impediscono un dialogo che tarda ad arrivare, gridiamo, urliamo e poi si fa finta che, tutto vada bene. Famiglie e persone che nel silenzio, cercano rifugio e si scappa così, dalle proprie responsabilità. Pensare che, loro, i non udenti, non hanno il grande dono della parola e non lo utilizzano. Mi sa davvero di gran peccato. Applichiamo nei nostri contesti familiari questo insegnamento, soprattutto con le persone che amiamo, mettendo da parte i silenzi e i pregiudizi usando il dono della parola, Il silenzio uccide lanima. Parlare è essenziale, per non dire vitale. Per coltivare i rapporti con i figli, con le mogli, con tutte le persone a noi care. I nostri, sono silenzi morti. Ma quello che vidi in quel locale, quella sera. Io la definisco musica suadente per le orecchie e gioia per gli occhi. A tal proposito, prendo in prestito il titolo di una celeberrima canzone napoletana dal titolo: Silenzio..cantatore.
Il silenzio a cui ho assistito e dove tanti come me presenti hanno goduto, ci ha davvero fatto pensare che, scambiarsi opinioni, discutere dei problemi, affrontare le situazioni siano esse positive o negative, vale come prerogativa essenziale a far sentire a chi ci ama al centro della nostra attenzione. Chiuderci in noi stessi, alzare muri invisibili può diventare la nostra gabbia. Quelli che amiamo, prima o poi da noi si allontaneranno e alla fine resteremo davvero soli. Anzi. In compagnia dei nostri silenzi che, altro non sono che, rimpianti di una vita mal vissuta e di quello che poteva essere e ma più sarà.
Non bisogna necessariamente essere esperti di psicologia per capirle certe cose. Imitiamo i non udenti. E anche i nostri silenzi saranno come i loro Silenzi Cantatori. Loro si, che ci possono insegnare a parlare davvero. Soprattutto con il cuore.
Donato Liotto, presidente associazione New Dreams