SUCCIVO. Ad Orvieto, Palazzo dei Sette (Sala Capriati), nell’ambito della nona edizione di Orvieto Fotografia, dal 10 marzo al 1 aprile mostra del fotografo Salvatore Di Vilio. L’artista casertano (è nato nel
Salvatore Di Vilio, fotografo sensibile, e attento testimone del proprio tempo, registra la perdita di senso della società contemporanea e va a caccia dell’altro in un territorio altro, in una riserva dove le emozioni possano essere colte senza contaminazioni, senza condizionamenti e riprende un presente fatto di soli istanti. La sua fotografia traduce questo tempo senza passato e senza futuro che viviamo. Questo tempo senz’anima. Per questo le sue figure umane, adolescenti e giovani còlti nell’area di confine di un “non luogo” per eccellenza (la discoteca), sono presentate senza prospettiva (non esiste un fondo, né vero, né finto) e i corpi sbalzati in primo piano grazie all’effetto plastico del colore. Di Vilio perfeziona la ricerca sul campo con raffinate operazioni di laboratorio grazie alle quali la ripresa fotografica segnala il rifiuto del contenuto fine a se stesso.”Derealizza”,insomma ciò che fissa. Ha scelto i suoi soggetti, certo, ma è una scelta che non impegna valori estetici od etici. La sua fotografia non è aneddotica, né didattica, né romantica. I soggetti inquadrati si mostrano e basta. Dicono: questo è l’istante, questo è importante, anche quando una particolare posa, la sigaretta, la moto, i muscoli da culturista, gli occhiali appariscenti, l’abbigliamento, potrebbero alludere, rimandare a miti, a tòpoi .L’individuo ritratto non si chiede “chi è, da dove viene, dove va”. Sono interrogativi che non gli appartengono. L’immagine di Di Vilio acquista in tal modo il peso, il senso del simbolo. Quei “corpi senza profondità” rimandano alla dissoluzione del vincolo sociale, ci raccontano di un essere umano ridotto ormai alla sua mera corporeità biologica.