TRENTOLA DUCENTA. Quando decidemmo di trasformare il cartello elettorale dellArcobaleno in una associazione politica, capace di mettere insieme le variegate anime della coalizione, ma anche di coniugare gli interessi più disparati, sapevamo di infilarci in un vicolo scuro e non facile da percorrere ma la sfida era fin troppo forte per non raccoglierla.
Il vero problema di questisette mesi, quelli che ci portano dal 28 maggio, data dellelezioni della nuova amministrazione comunale, alla fine del 2007, è sempre stato lo stesso, rincorrere la normalità e farla diventare pane quotidiano della nostra terra. Le emergenze continue non hanno mai lasciato libero il respiro, le inutili morti delle tante giovani vittime della strada, la discarica di Taverna del Re, lemergenza rifiuti, la malavita ed il malaffare che ti attanaglia, il difficile rapporto con la gente che tutto vuole dimenticando di dare poco e la vergogna di quel colpo di pistola che chiude lanno, abbattendo un bambino. Continuità di fatti , fuori dal comune, ma nostro specchio giornaliero del resistere in questa terra. Tutti i nostri sforzi sono stati posti nel disperato tentativo di recuperare, recuperare momenti di socializzazione, di voglia di partecipazione, di spinte a proporre ad essere attori e non semplici comparse della propria vita. Si dovrà continuare e il mare nel quale abbiamo navigato in questi mesi ci impone di farlo, costi quello che costi. Le spesso inutile e sterili scaramucce della politica locale, ci dicono che tanto ancora si deve lavorare verso il fare e non perseguire il dire. In queste sette mesi abbiamo scoperto donne ed uomini, ma anche bambine e bambini, sentito la saggezza degli anziani e nel silenzio fatto. Fatto piccole cose, che man mano daranno piccoli frutti, lo abbiamo fatto al fianco di chi abbiamo scelto per guidare la città, ma anche aguzzando le orecchie verso le voci contro, perché la verità si trova dovunque, basta saperla ascoltare e se è vera non ha bisogno di padri buoni o cattivi. Non abbiamo mai voluto dare voti, ma stimoli a continuare a fare. Chiudiamo un anno in ginocchio, pregando per il futuro di Karim, ma convinti che probabilmente questa nostra terra meritava qualcosa di più di uno stupido colpo di pistola. Spesso, sempre più spesso pensiamo di andare via, lontano, altrove, ma ci resta la speranza, un motore che non ha bisogno di costosa benzina, né di fonti alternative di energia, essa sta nella nostra voglia di continuare, costi quello che costi.