VILLA LITERNO. I carabinieri del nucleo investigativo di Caserta, agli ordini del capitano Rosciano,hanno arrestato 11 persone tra affiliati e fiancheggiatori del clan dei Casalesi gruppo Bidognetti, per lomicidio di un 19enne affiliato ad un clan rivale, commesso nel maggio 2004.
Sette dei destinatari delle ordinanze sono già detenuti: Raffaele Bidognetti (nella foto), 37 anni, figlio del boss Francesco alias Cicciotto e mezzanotte, in carcere dal 1993; Francesco Di Maio, 43, Tammaro Diana, 35, Luigi Grassia, 38, Salvatore Spenuso, 37, Lorenzo Ventre, 37, Nicola Verolla, 65. Gli altri quattro, finiti in manette, sono: Gaetano Diana, 48 anni; Giuseppe Diana, 46; Michele Pepe, 32, tutti di Villa Literno; e Pasquale Marrone, 41, di Melito (Napoli).
Il provvedimento restrittivo costituisce lepilogo di unindagine attraverso cui è stato possibile acquisire gravi ed inconfutabili elementi di colpevolezza a carico degli indagati allomicidio di Antonio Di Fraia, alias Vulpacchiello, allepoca 19enne, commesso il 27 maggio 2004 a Villa Literno. Gli stessi indagati avevano tentato di far fuori, senza successo, Di Fraia pochi giorni prima, l11 maggio, mentre viaggiava a bordo della sua autovettura. Lomicidio si inserisce nel contesta della faida allinterno del clan dei casalesi tra i gruppi Tavoletta-Ucciero e Bidognetti, che si contendevano la supremazia nella gestione delle attività illecite a Villa Literno. Numerose sono state le vittime, in entrambi i gruppi, durante la faida protrattasi dal 1997 al 2005.
I due gruppi erano capeggiati, rispettivamente, da Cesare Tavoletta, 31 anni, dal 1 marzo 2004 collaboratore di giustizia, e da Massimo Iovine, 33, anchegli dal 31 gennaio 2008 collaboratore di giustizia. I Tavoletta erano appoggiati dal gruppo scissionista staccatosi dai Bidognetti e poteva contare su personaggi di altissimo spessore criminale, quali: Salvatore Cantiello, detto Carusiello, Luigi Diana, detto O Manovale (attualmente collaboratore di giustizia), Vincenzo Cantiello, Nicola Zara, Daniele Corvino ed altri. Nella compagine bidognettiana, capeggiata da Massimo Iovine, figuravano invece personaggi come Raffale Bidognetti, figlio del capoclan Francesco, Luigi Guida, Luigi Grassia ed Emilio Di Caterino.
Di Fraia era legato alla fazione Tavoletta-Ucciero, per conto della quale richiedeva il pizzo anche ad attività commerciali già vittime di estorsione da parte dei bidognettiani. Durante le indagini, supportate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, è emerso che Raffaele Bidognetti, invece di procedere alleliminazione fisica del ragazzo, aveva in un primo momento deciso di convincere Carmine Di Fraia, padre della vittima, a dissuadere il figlio dal frequentare i rivali Tavoletta-Ucciero. Ma questa opera di persuasione non ottenne gli effetti sperati, infatti Antonio Di Fraia aveva continuato ad appoggiare le attività estorsive dei Tavoletta e sembra fosse autore anche degli spari allindirizzo del municipio di Villa Literno la notte del 16 marzo 2004. Lo stesso 19enne, il maggio 2004, veniva arrestato dai carabinieri della locale stazione, insieme a Mauro Delle Donne e Vincenzo Ucciero, per detenzione abusiva di un kalashinov, di una pistola a tamburo calibro 38 e di due pistole con matricola abrasa. Per quel reato rimase poi detenuto solo Delle Donne.
Il 27 maggio successivo Di Fraia veniva assassinato da un commando di sei killer: Luigi Guida e Francesco Diana a bordo di unAlfa Romeo 166 condotta da Salvatore Spenuso, e Francesco Di Maio e Lorenzo Ventre a bordo di una Volvo station wagon guidata da Luigi Grassia. Di Fraia si trovava fuori alla propria abitazione, in strada, a bordo di una Fiat Tempra station wagon e attendeva lapertura del cancello automatico per entrare. In quel momento i sicari entravano in azione, esplodendo una pioggia di colpi che lasciò il bersaglio senza scampo. Il padre della vittima, uditi gli spari, scendeva in strada e lanciava una scopa contro una delle due vetture, restando ferito ad una gamba da un proiettile. Durante la fuga, il commando sparò alcuni colpi lungo la strada in segno di vittoria. Sulla scena del delitto furono repertati 24 bossoli calibro 9 parabellum e 19 bossoli calibro 7,62×39 per kalashnikov.