Padre e figlio uccisi durante faida cutoliani-casalesi: due arresti

di Redazione

 VILLA LITERNO. Due omicidi compiuti oltre vent’anni fa, durante la sanguinosa faida di camorra tra la Nco di Raffaele Cutolo e il clan dei casalesi.

Solo oggi i magistrati della Direzione distrettuale antimafia sono riusciti a far luce su quei delitti avvenuti a Villa Literno nell’ottobre del 1992, facendo arrestare due uomini, Giuseppe Terracciano, 54 anni, di Villa Literno, fratello di Bernardino, l’attore di Gomorra; eRaffaele Cantone, 53 anni, di Trentola Ducenta, alias “‘O Malapelle”, ritenuti responsabili della morte di Luigi Caiazzo e, il giorno successivo, del padre di quest’ultimo, Giuseppe Caiazzo, oltre che del ferimento di Angelo Pietoso.

Concluse all’epoca con una richiesta di archiviazione, le indagini sono state riaperte a seguito di dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia che, supportate dall’attività di riscontro svolta dagli uomini della Dia, hanno permesso di fare luce sulla dinamica e sul movente del duplice omicidio.

E’ stato ricostruito, in particolare, il ruolo svolto da uno degli indagati nell’omicidio di Luigi Caiazzo, ovvero quello di attirare in trappola la vittima, conducendola con uno stratagemma in una masseria dove l’altro indagato gli esplodeva in pieno volto, da distanza ravvicinata, un colpo d’arma da fuoco, che ne determinava la morte. Il cadavere, poi, fu occultato in un pozzo e mai ritrovato.

Nell’ambito dell’operazione è stato anche eseguito decreto di sequestro preventivo dell’azienda bufalina di proprietà di uno degli arrestati, – all’interno della quale venne consumato l’omicidio di Luigi Caiazzo – dell’impresa situata nello stesso sito, per l’allevamento di cavalli e intestata alla convivente dell’indagato, e di conti correnti ad essi riferibili.

L’urgenza del provvedimento scaturito dalla circostanza che, all’atto dell’esecuzione della misura cautelare, la polizia giudiziaria sentiva l’indagato dire alla donna di avvisare il commercialista di “vendere tutto” e notava che l’uomo firmava in bianco un blocchetto di assegni di un conto corrente a lui intestato, con l’evidente fine di permettere alla moglie di svuotarlo. Da accertamenti patrimoniali svolti dalla Dia è emerso che gli investimenti relativi alle attività aziendali erano sproporzionati rispetto agli esigui redditi dichiarati dai due.

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