Pussy Riot, tra veleni e pettegolezzi arriva la difesa di Medvedev

di Redazione

Medvedev e PutinMOSCA. A sorpresa il premier russo Dmitrj Medvedev il presidente e suo “mentore” Vladimir Putin, chiedendo la liberazione delle Pussy Riot.

Durante un incontro conalcuni studenti universitari, il predecessore di Putin, oggi primo ministro, ha preso le difese delle due ragazze, in carcere da marzo e condannate a due anni per aver cantato una brano “anti Putin” sull’altare della cattedrale. “Se fossi un giudice le tirerei fuori. Anzi, per come la penso, non le avrei nemmeno mai messe in prigione”, ha detto Medvedev, guadagnandosi scroscianti applausi. Poi ha corretto un po’ il tiro: “Queste ragazze mi sono antipatiche. Mi danno la nausea sia il loro gergo che il loro tipo di musica”. Ma non per questo, ha poi ulteriormente precisato, “devono stare in galera”.

Tuttavia, nonostante le parole del capo del governo, poche sono le speranze delle ragazze, attualmente detenute, rispettivamente, in campi di lavoro alle pendici degli Urali e nelle paludi della Mordovia, e che finora non ha avuto la possibilità di vedere i propri figli, già da quando erano in carcere a Mosca.

Come se non bastasse, le Pussy Riot sembra che dovranno affrontare anche i loro stessi avvocati. Maria Alioshina, la terza ragazza processata, ha denunciato che la moglie di un loro legale avrebbe tentato di registrare il marchio Pussy Riot per ottenerne l’esclusiva. Una richiesta bocciata, che avrebbe garantito notevoli incassi in molte nazioni d’Europa e negli Stati Uniti dove il marchio delle Pussy Riot è sfruttato. Basta pensare che Madonna vende le t-shirt delle ragazze a 20 dollari ognuna. Proprio Alioshina ottenne la libertà condizionata per aver rotto con gli avvocati, ritenuti militanti per l’opposizione. In sua difesa, l’avvocato ha riferito di aver ricevuto mandato dalle altre due ragazze detenute.

E non è finita: alcune voci riferiscono che l’ex marito della leader del gruppo, Nadia Tolokonnikova, si sarebbe messo in tasca alcuni premi di solidarietà destinati alle Pussy Riot, compreso un assegno di Yoko Ono. Tuttavia, al di là dei pettegolezzi, quello che conta per le ragazze è solo la parola di Putin.

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