TEL AVIV. Israele non erogherà le tasse dovute ai palestinesi in segno di rappresaglia contro l’avanzamento di status all’Onu, dove la Palestina è diventata Stato osservatore non-membro.
La decisione del governo, adombrata più volte in vista del voto al Palazzo di Vetro, è riportata dalla stampa israeliana. “Fin dall’inizio di questa vicenda affermammo che Israele non avrebbe potuto non reagire”, ha spiegato il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz (nella foto). “Non ho intenzione di far trasferire le tasse dovute all’Autorità palestinese questo mese. La somma sarà utilizzata per pagare i debiti palestinesi all’azienda di Israele per l’elettricità”.
La somma complessiva derivante dalle tasse, ha scritto Haaretz, è di 460 milioni di shekel (92,7 milioni di euro). Ogni mese, sulla base dei Protocolli stabiliti a Parigi nel 1994, Israele trasferisce decine di milioni di euro derivanti dalle tasse destinate ai mercati palestinesi e fatte passare dai porti israeliani. Non è la prima volta che il governo israeliano usa questi trasferimenti come strumento di rappresaglia contro le iniziative diplomatiche o politiche dei dell’Autorità nazionale palestinese, che spesso, come conseguenza, si è trovata costretta a ritardare gli stipendi dei dipendenti della propria macchina amministrativa.
La decisione del ministro delle Finanze è stata annunciata nel corso della riunione del governo, che ha anche adottato una risoluzione in cui si respinge formalmente il voto dell’Onu che ha fatto della Palestina uno “Stato osservatore non-membro”. Respingiamo la risoluzione 67/191 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 29 novembre 2012″, si legge in una nota che afferma, tra l’altro, “il diritto naturale, storico e legittimo del popolo ebreo alla propria terra e alla sua capitale eterna. Lo Stato di Israele, come Stato del popolo ebraico, ha il diritto di rivendicare a sé i territori contesi nella Terra di Israele”.