Ankara. Dopo Twitter, tocca a YouTube. La Turchia, che venerdì 21 aveva bloccato l’accesso al social network, adesso è intervenuta, a quattro giorni dalle elezioni amministrative, anche sul sito di video di proprietà di Google.
Lo riferisce Hurriyet online. Lo confermerebbe anche una fonte vicina al primo ministro, citata dall’agenzia Reuters, che parla di “questioni di sicurezza nazionale”. La misura è arrivata infatti dopo che è finita online la registrazione di una conversazione fra dirigenti turchi su un possibile intervento in Siria. Per la commissaria Ue all’agenda digitale Neelie Kroes si tratta di “un’altra disperata e deprimente mossa”.
Nel mirino delle autorità, giovedì 27 è finito anche un canale televisivo. Il Consiglio superiore della Radio e della Tv (Rtuk) ha revocato la licenza per le trasmissioni nazionali all’emittente Kanalturk Tv, una voce apertamente critica nei confronti del premier Recep Tayyip Erdogan. Kanalturck è considerata vicina alla confraternita islamica Hizmet del predicatore Fetullah Gulen, ex alleato oggi arci-nemico di Erdogan, che lo accusa di avere dato il via alle inchieste anti-corruzione che fanno tremare il suo governo.
Il voto delle amministrative fotograferà lo stato del paese per la prima volta dopo le grandi rivolte di Gezi Park in giugno, l’esplosione della tangentopoli turca in dicembre e le leggi censura per il web. Le tensioni sono riesplose nelle scorse settimane dopo che su Internet sono state pubblicate (e poi rimosse) le registrazioni degli “ordini” impartiti per telefono dal premier a direttori di giornali e tv per controllare le notizie. E alle inchieste si aggiunge ora un nuovo scandalo: una registrazione audio, uscita su internet, che accuserebbe il premier di avere organizzato nel 2010 la diffusione di un video a luci rosse dell’allora leader dell’opposizione Deniz Baykal, così costretto alle dimissioni.
Per quanto riguarda il blocco di Twitter la battaglia si è spostata intanto sul piano legale. Giovedì 26 la Corte amministrativa di Ankara ha ordinato la sospensione del provvedimento, definito “contrario ai principi dello stato di diritto”. Ora la Tib, la commissione governativa delle telecomunicazioni che formalmente lo ha applicato, ha 30 giorni per adeguarsi alla decisione dei giudici o fare ricorso. Dalla California intanto non stanno a guardare. Il sito di microblogging ha presentato ricorsi contro il blocco, definito “sproporzionato e illegale” davanti a diverse corti turche. Davanti alle richieste delle autorità, Twitter ha detto di avere tolto solo due contenuti, perché contrari alle norme dello stesso sito.