Bruxelles. E’ il più grande piano di investimenti che la Ue abbia mai creato ma è costituito quasi per intero da fondi per ora “virtuali”.
Il presidente della Commissione europea Jean Claude Junckeraveva promesso 300 miliardi per far ripartire l’economia europea, ora li porta a 315, ma per arrivare al numero a tre cifre la Commissione ha dato vita ad una complessa operazione di architettura finanziaria che grazie ad un ‘effetto leva’ moltiplica un capitale di base davvero esiguo: 21 miliardi di euro, di cui 8 nemmeno esistono ancora.
“L’Europa sta voltando pagina dopo anni di sforzi per promuovere la credibilità fiscale e le riforme” ha detto Juncker nell’aprire il discorso alla plenaria del Parlamento europeo con cui presenta il piano per “stimolare” gli investimenti che, dice, in Europa sono “370 miliardi sotto il livello pre-crisi”.”Se il piano per gli investimenti funziona – ha aggiunto – lo rinnoveremo anche per il 2018-2020″. Il piano è per ora previsto con una durata triennale a partire dalla metà del 2015.
“E’ un piano credibile, non contiamo su soldi che non ci sono”, spiegano fonti europee che hanno lavorato alla sua gestazione. Il capitale di base che costituirà il Fondo europeo per gli investimenti, cioè 21 miliardi, è formato da 5 miliardi della Banca europea degli investimenti, più 8 miliardi del bilancio Ue che, dati alla Bei sotto forma di collaterale, si trasformano in 16 miliardi di garanzie.Ai 21 miliardi viene quindi applicato un ‘moltiplicatore’ o ‘leva finanziaria’ che fa aumentare di quindici volte il suo valore iniziale.
“La leva è calibrata in base alle esperienze passate della Bei”, spiegano gli esperti. Ovviamente, il capitale si moltiplica e si arriva a 315 miliardi solo se si troveranno investitori disposti a metterci denaro reale. Perché i 21 miliardi serviranno solo da ‘richiamo’ per i finanziatori: “Vediamo il loro appetito a spendere, soprattutto ora che c’è molta liquidità nel mercato, ma siccome l’incertezza è alta, nessuno è disposto ad assumersi i rischi”, ammettono i tecnici, chiarendo che il nuovo veicolo si assumerà proprio quei rischi che tengono lontani gli investitori – pubblici e privati – dai progetti.
I progetti da finanziare saranno scelti da una nuova autorità gestita da Bei e Commissione europea. Una prima lista, provvisoria, è stata compilata da una task force che però “non ha effettuato alcun controllo qualitativo”, spiegano le fonti. Questo lavoro verrà fatto in un secondo momento dalla nuova autorità, che potrà anche scegliere progetti diversi da quelli indicati. L’assegnazione dei fondi è a sua completa discrezione: “Non c’è una ripartizione geografica né quote per i singoli Paesi”, si precisa.
Il piano può quindi funzionare senza alcun contributo degli Stati ma, se vi fosse, “sarebbe il benvenuto”. E per incentivarlo, la Commissione fa sapere che ne terrà conto “positivamente” in sede di valutazione dei conti pubblici, aprendo così la strada alla flessibilità richiesta dall’Italia sugli investimenti produttivi. “Se a causa del contributo al piano di investimenti europeo, un Paese violerà le regole del Patto di stabilità – ha spiegato Juncker – tale contributo non sarà preso in considerazione nella valutazione dei bilanci”.
“Il Piano Juncker è il primo passo verso una svolta a favore della crescita e del lavoro” detto da Strasburgo anche il ministro Pier Carlo Padoan, per il quale “tutto ciò va fatto in fretta: le aspettative dei cittadini sono crescenti come il rischio di una delusione”.