Imponevano esibizioni di neomelodici: 12 arresti contro clan dei casalesi

di Redazione

 AVERSA. 10 persone sono finite in carcere e due agli arresti domiciliari in un’operazione compiuta dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta, coordinati dai magistrati della Dda di Napoli, …

… poiché ritenute responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione in concorso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e cessione di sostanze stupefacenti, reati aggravati dalla finalità mafiosa. I provvedimenti restrittivi costituiscono il risultato di un’articolata e complessa indagine avviata nel gennaio 2009 allo scopo di contrastare le agguerrite compagini facenti capo, all’epoca, a Nicola Schiavone, 33 anni, primogenito di Francesco detto “Sandokan”, ed operanti ad Aversa e comuni limitrofi.

I primi risultati investigativi avevano già consentito l’emissione di un decreto di fermo, disposto dai magistrati della Dda ed eseguito il 7 giugno 2010, nei confronti di dieci appartenenti al medesimo clan, essendo emersi, all’epoca, oltre al pericolo di fuga, sia l’assoluta necessità ed urgenza di interrompere una pervicace attività estorsiva nei confronti di operatori commerciali della zona di Aversa, sia l’improcrastinabilità di catturare l’ala militare del gruppo, resasi nel frattempo responsabile del tentato omicidio di due affiliati per dissidi interni.

GLI ARRESTATI. In carcere: Pietro Falcone, 32 anni, di Trentola Ducenta; Gaetano De Biase, 54, di Teverola; Alfonso Iacolare, 31, di San Cipriano d’Aversa (cugino di Nicola Schiavone); Ivo Capone, 42, di Casaluce; Giuseppe Esposito, 54, di Casaluce; – questi cinque già detenuti – Silvana Limaldi, 55, di Trentola Ducenta, Giuseppe Esposito, 25, di San Marcellino; Giovanni Menale, 49, di Aversa; Gennaro Musto, 45, di Aversa; Carlo Tavoletta, 40, di Alife. Ai domiciliari: Roberto Mallardo, 64 anni, di Giugliano; Carmen Marino, 24, di Trentola Ducenta.

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Il METODO ESTORSIVO.

L’indagine, proseguita anche dopo l’esecuzione del provvedimento di fermo, ha permesso di accertare che molti degli indagati, capeggiati da Gaetano De Biase, 45 anni, di Teverola, e Pietro Falcone, 32 anni, di Trentola Ducenta, entrambi già detenuti, non si limitavano soltanto all’imposizione delle tangenti con metodo “classico” (ovvero con minaccia espressa o velata degli emissari del clan, cui consegue la dazione della somma estorta), ma si erano specializzati nel seguire un percorso più “raffinato”, pur sempre originato dalla minaccia insita nell’appartenenza al clan.

Infatti, dietro il “paravento legale” di alcune imprese/agenzie specializzate, più o meno direttamente riconducibili ad affiliati, veniva imposto:a titolari di attività commerciali, l’acquisto di gadget pubblicitari (calendari, agende, penne, accendini, ecc.) ad un prezzo di gran lunga superiore a quello di mercato, al fine di far conseguire al clan un elevatissimo profitto, grazie ad un rincaro, rispetto all’ordinaria fornitura, di circa il 150% del costo del prodotto. Grazie a tale attività, nel solo periodo natalizio, nelle casse del clan entravano dai 150mila ai 200mila euro.

Inoltre, ad altri operatori (principalmente ristoratori, organizzatori di comitati per feste patronali o di piazza e titolari di emittenti televisive locali) si imponeva la scritturazione per prestazioni canore di cantanti neomelodici – tra cui, oltre la compagna di De Biase, ovvero Rita Ferrara (in arte “Ida D’amore”), anche altri cantanti tra i quali Franco D’Amore, cugino di Ida, Nico Desideri, Ciro Riggione, Nico D’Ambrosio, Tony Calise, Mauro Landi, Flavio Marino, Giovanna Romano. Il relativo compenso veniva solo in parte devoluto all’“artista”, essendo invece in gran parte destinato alle casse del clan o a singoli affiliati.

LA VEDOVA DEL BOSS. Le indagini hanno, inoltre, evidenziato il ruolo di primo piano rivestito da Silvana Limaldi, vedova di Ettore Falcone, boss di Aversa ucciso a Parete nel 1990, e madre di Pietro Falcone. La donna, nella cui disponibilità erano state rinvenute e sequestrate munizioni e una pistola marca S&W calibro 9×21 con matricola abrasa, oltre a detenere le armi del clan, offriva agli affiliati supporto logistico consentendo l’utilizzazione della propria abitazione per riunioni, alle quali presenziava e partecipava attivamente anche nel ruolo decisionale.

I PENTITI. L’attività investigativa è stata corroborata anche alle dichiarazioni rese dai numerosi collaboratori di giustizia, tra i quali spiccano i nomi di Salvatore Laiso, Raffaele Piccolo, Roberto Vargas, Nicola Cangiano, Salvatore Caterino.

LA DROGA. Nel corso delle indagini sono anche emerse responsabilità sulla cessione di cocaina da parte di Roberto Mallardo, 54 anni, di Giugliano, Giuseppe Esposito, 26 anni, di San Marcellino, e Carmen Marino, 24 anni, di Trentola Ducenta, i quali acquistavano lo stupefacente per poi cederlo a Salvatore Laiso o consumarlo insieme a lui. Quest’ultima vicenda ha evidenziato la facilità di reperimento della droga da parte degli affiliati potendo contare su individui totalmente assoggettati nel soddisfare ogni sorta di loro volere.

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