Aversa. Una morte sospetta per i familiari che parlano deliberatamente di un decesso dovuto a malasanità. Un destino segnato da una grave patologia cardiaca congenita, invece,secondo i vertici dellAsl di Caserta.
E mistero sulla morte di Emanuele De Carlo, 52 anni, di SantAntimo, morto il 27 dicembre scorso allospedale Moscati di Avellino, dopo essere passato per lomonimo nosocomio di Aversa, dove, secondo le testimonianze dei familiari, non avrebbe ricevuto cure adeguate alle sue condizioni di salute.
La storia ha inizio qualche giorno prima di Natale, quando luomo, per decenni impegnato come tagliatore di pelli nel mondo delle calzature, passato, poi, alledilizia, dove prestava la propria opera nella ricostruzione post sisma de LAquila, si reca alla clinica Pineta Grande di Castelvolturno per alcuni accertamenti per dolori al petto. Qui non gli vengono riscontrate patologie particolari.
Si arriva, poi, alla notte di Natale, quando, come racconta la figlia Caterina, ingegnere, «mio padre ha avuto un malore in casa perdendo i sensi. Mia madre ha subito capito che era un infarto e l’ha rianimato con un massaggio cardiaco pur essendo una semplice casalinga. Poi l’ambulanza l’ha portato all’ospedale di Aversa dove il reparto non ha l’emodinamica, quindi non poteva verificare lo stato delle coronarie. Il livello degli enzimi nel sangue ha evidenziato un infarto. Io e mia madre abbiamo chiesto più volte al medico di turno di trasferire mio padre in una struttura con emodinamica per intervenire subito sulle coronarie ma lui ci ha riso in faccia, ci ha definito delle pazze e ci ha fatto cacciare dal reparto di terapia intensiva perché sosteneva che mio padre non aveva avuto un infarto grave e stava addirittura migliorando».
I familiari non si arrendono. La giovane continua il proprio racconto: «Abbiamo chiamato i carabinieri ma non sono intervenuti, abbiamo chiamato la polizia che si è limitata a verbalizzare le dichiarazioni del medico. A 36 ore dal ricovero l’ospedale mi ha informata che stavano trasferendo mio padre all’ospedale ‘Moscati’ di Avellino, dove mi sono precipitata. La cosa strana è che mio padre è giunto unora e mezza dopo il mio arrivo nel capoluogo irpino. Credo che i sanitari dellospedale di Aversa abbiano perso tempo nel tentativo di rianimarlo, di farlo giungere vivo ad Avellino. Mio padre è morto un’ora dopo l’arrivo per la chiusura delle coronarie lasciando una moglie e tre figli, la più piccola ha 17 anni».
La famiglia ha denunziato lepisodio e i magistrati irpini hanno disposto lautopsia, già eseguita, mentre le forze dellordine hanno sequestrato la cartella clinica in originale relativa al ricovero presso lospedale di Aversa. Di tuttaltro tenore le dichiarazioni dei vertici dellAsl casertana.
Il direttore sanitario Gaetano Danzi ha dichiarato: «Sulla vicenda ho raccolto notizie dal direttore sanitario dellospedale San Giuseppe Moscati di Aversa che mi ha riferito di un ricovero causato da dolore al petto. Il paziente è stato ricoverato presso lUtic sotto costante monitoraggio dei tre medici che si sono avvicendati. Dopo un quarto dora era già stato allertato il 118 Da quanto è dato sapere, le sue condizioni sembravano migliorate (circostanza confermata anche dalla figlia che aveva parlato con il padre, ndr), ma, poi, la situazione è precipitata. Intanto, si era liberato un posto presso il reparto di emodinamica di Avellino e lo abbiamo trasferito lì dove è morto mentre i medici stavano effettuando la coronarografia».
I sanitari si sono riservati la facoltà di denunziare i familiari per interruzione di pubblico servizio. Sempre secondo i vertici sanitari casertani, infatti, luomo sarebbe stato afflitto da una ipoplasia coronarica di origine genetica, che non gli avrebbe lasciato scampo. Il risultato ufficiale dellautopsia, come sottolineano i familiari, non è ancora stato ancora reso noto.