VILLA LITERNO. Venticinque centesimi al chilo e cinque euro a cassa. Prezzi fissi per i pomodori rotondi, i costoluti come li chiamano gli esperti. Sul mercato dei marciapiedi di Villa Literno è iniziato, da qualche giorno, il commercio della solanacea che colora di rosso corso Umberto I e piazza Garibaldi. Da tutti i paesi dell’agro aversano, ma anche da Giugliano e Qualiano, arrivano, ogni anno, centinaia di acquirenti a Villa Literno in cerca dei pomodori.
Ma il prezzo è aumentato rispetto al 2005 e 2006, quando si trovavano cassette di venticinque chili vendute anche a quattro euro e cinquanta. Uno dei motivi è una malattia che ha colpito la pianta, la cosiddetta peronospera, che si sviluppa dal ritorno della coltura del pomodoro sullo stesso terreno. Il fungo si conserva nei campi dove viene praticato il ristoppio, favorito da umidità relativa dell’aria. In pratica il frutto secca o diventa scuro. Si tratta di una malattia che in alcuni casi ha colpito una specifica qualità di pomodoro, la San Marzano, quasi scomparsa dai banchetti improvvisati di Villa Literno pieni di pomodori rotondi, ma ancora presente nel mercato ortofrutticolo di Aversa. Sono proprio i coltivatori e i proprietari di appezzamenti, che rivendono i loro prodotti sui banchetti, a confermare l’aumento e a smentire, in parte, la motivazione dell’impennata dei prezzi. Una sconfessione, a prima vista, ispirata più dal tornaconto che da un punto di vista obiettivo. Per i coltivatori, infatti, l’innalzamento è dovuto alle pretese della manodopera, del tutto trasformata rispetto al 2006. Nei campi, infatti, non si vedono più braccia di marocchini, ghanesi o sud-africani, ma quelle bianche di rumeni, ucraini, moldavi e in qualche caso anche di albanesi alle strette dipendenze dei proprietari. La trasformazione della manodopera ha scompaginato anche il mercato dei prezzi: «Prima il sudafricano si accontentava di un euro per ogni cassetta riempita», spiega un ragazzo addetto alla vendita su corso Umberto «ora gli ucraini e i rumeni ottengono fino a quindici euro la giornata». E la diversità si nota anche da subito. I ghanesi dormivano in loculi in disuso, in case fatiscenti e per un periodo divennero anche un simbolo concreto della raccolta estiva di pomodori a Villa Literno. Al contrario ogni rumeno, ora, ha una propria casa, spesso un tugurio in affitto dove vivono ammassati in quindici. Completamente svuotate di marocchini le campagne ai lati di via delle Dune, sostituiti dalle donne dei paesi dell’ex Unione Sovietica; almeno una su tre ha un marito che lavora nel settore della raccolta delle pesche. Il calcolo sull’aumento dei prezzi è facile. Più il costo del lavoro cresce e più si innalza il valore del frutto raccolto. Se si contano anche i chili di pomodori colpiti dal fungo e andati al macero, allora il cerchio si chiude e si trova la spiegazione dell’aumento. Tuttavia, l’impennata dei prezzi e la malattia che ha colpito i pomodori, non hanno intaccato il commercio e il profitto dei coltivatori. Alcune abitudini a Villa Literno sono rimaste sempre le stesse, uguali negli anni. La scelta della manodopera viene fatta alle cinque e trenta del mattino, in piazza Garibaldi. Dai vicoli spuntano i pulmini che accompagnano gli stranieri nei campi. Si lavora accovacciati sulle piantine alla maniera sudafricana fino alle 16 e 30 del pomeriggio con un’unica sosta nei solchi slabbrati. A fine serata il «padrone», come viene chiamato il contadino dai rumeni, decide se riprendere le stesse persone il giorno dopo. Nel tardo pomeriggio si procede alla vendita sui marciapiedi che viene fornita al dettaglio o all’ingrosso. La richiesta più gettonata è quella di quattro casse di pomodori rotondi e grossi che equivalgono a un quintale esatto, corrispondente al valore economico di venti euro circa, con possibilità di un piccolo sconto se si promette di ritornare. Poco richiesta è la qualità di pomodorini rotondi e piccoli che costano un euro al chilo circa.
Il Mattino (MARILÙ MUSTO)