Per la sua prima esperienza da regista, l’attore Russell Crowe punta ad un classico un progetto che, costruito in circa 10 anni, è pronto per il grande schermo. “The Water Diviner”, la nuova pellicola dell’ex Gladiatore è la trasposizione cinematografica dell’omonimo libro.
Erede di quella grande esperienza maturata nei panni di attore, Crowe, raccogliendo gli insegnamenti dei grandi registi con cui ha lavorato, ha scelto un dramma per il suo debutto alla regia, giocato ed articolato intorno all’interiorità umana, alla sensibilità genitoriale. Una pellicola che, girata con cuore e con mestiere, mette al centro del suo racconto Joshua Connor (Russel Crowe), un agricoltore australiano i cui tre figli risultano tra i dispersi della battaglia di Gallipoli, uno degli scontri più sanguinosi della prima Guerra mondiale. A quattro anni da quel devastante lutto, l’uomo decide di partire alla volta della Turchia convinto che, nonostante su quel campo siano rimasti uccisi, tra turchi e australiani, oltre diecimila soldati, sia possibile rinvenire i resti dei suoi cari.
Nel suo straziante viaggio farà incontri decisivi come quello con una vedova di guerra e proprietaria d’albergo, Ayshe (Olga Kurylenko), e quello con un ufficiale turco, Hasan (Yilmaz Erdogan). L’intera vicenda ha un fondo di verità e nasce dal ritrovamento nel rapporto di un colonnello incaricato della ricognizione su quello che era stato un campo di battaglia, di queste due righe: “Un vecchio è riuscito ad arrivare qui dall’Australia per cercare la tomba di suo figlio”.
Realizzare qualcosa che fosse una commistione tra un film di guerra e un racconto di epica famigliare, era un obiettivo ambizioso che Crowe ha quasi del tutto centrato, ponendo attenzione alla sensibilità umana e alla sfera di intimità del protagonista, un uomo che ha perso tutto, ma che non si arrende, che lotta con le unghie e con i denti per portare avanti, per vedere compiuta la sua promessa.
Dopo essere stato spogliato con violenza dei suoi affetti, Connor, più di chiunque altro, sente la profonda inutilità di una guerra che si è rivelata essere solo un generatore di orrori. E’ in nome delle perdite subite che tra lui e il maggiore Hansan, che nel corso del conflitto si trovava sul fronte opposto, scatta una specie di fratellanza, una solidarietà tra esseri umani consapevoli di essere stati parte di un ingranaggio più grande di loro ma che non hanno perduto empatia e sensibilità.