CASAL DI PRINCIPE. “Benvenuti” a Casal di Principe dove il nome del paese è cancellato dai fori dei proiettili. “Sandokan”, il libro che racconta gli anni in cui trionfava il potere del boss e dei Casalesi.
Quando uscì questo libro di Nanni Balestrini, la sensazione per molti di noi che vivevano in un territorio immerso nell’ombra fu che qualcosa finalmente stava accadendo. E quel qualcosa era la letteratura, in grado di aprire come grimaldello le grate della storia di questo territorio. Raccontare finalmente era possibile. E sembrava soprattutto necessario per tentare una qualche forma di resistenza. “Qua c’è un piccolo ponte che lo collega col paese vicino e a metà del ponte c’è il cartello con su scritto Benvenuti a ma il nome del paese non si legge perché è cancellato da una quantità di fori neri”. Questo è il cartello che dà il benvenuto a Casal di Principe, paese presidiato, in cui nulla è permesso, con i fori dei proiettili che fanno da monito. E sotto al ponte che porta al paese scorre il fiume in piena delle parole di Nanni Balestrini, parole intrecciate che si sovrappongono e si sorpassano, senza un appiglio che dia al lettore la possibilità di riposarsi e riprendere fiato.
Sandokan non è un romanzo sulla camorra, neanche un reportage narrativo, né un’inchiesta; è un flusso d’esperienze e riflessioni, una traccia diuturna, una fenomenologia della vita al tempo della camorra. È infatti un racconto senza punteggiatura, come può essere l’oralità di una discussione scambiata in un bar di provincia nella desolazione di un pomeriggio. Ed è una discussione a un bar. La voce narrante è quella di un ragazzo che vede la sua vita formarsi e comporsi nell’arco di tempo in cui il clan dei casalesi raggiunge con Antonio Bardellino il vertice sommo dell’economia mondiale e del potere politico e militare. Faide, truffe, operazioni finanziarie, morti innocenti, elezioni manipolate, una provincia d’Italia quella che emerge dalle parole del ragazzo che attraverso la mortificazione del territorio fattura quantità di capitali astronomici che poi vengono investiti in ogni parte del mondo. Un’accumulazione originaria violenta che si metamorfizza poi in economia legittima, in opulenza borghese. La dialettica tra economia legale e illegale è velocissima, i perimetri dell’una e dell’altra sovente si confondono. Balestrini riesce a creare una commistione tra la barbarie militare finalizzata alla “raccolta” del capitale e l’intelligenza e sagacia imprenditoriale capace di investire e rendersi competitiva su mercati nazionali e internazionali.
Il titolo del libro, Sandokan, è un riferimento simbolico al capo attuale della cosca dei casalesi e al suo nome epico, datogli in paese perché somigliava a Kabir Bedi il mitico Sandokan televisivo. E così ha inizio il racconto di Balestrini, con l’arresto dell’illegittimo erede al trono di Antonio Bardellino, con l’apparente e non sostanziale uscita di scena del capo dei capi. Ma nonostante il titolo, i veri protagonisti di Sandokan sono proprio Bardellino e il suo esponenziale potere, la capacità di organizzare un clan simile all’intera Cosa Nostra, capace di egemonizzare la Nuova Famiglia, il gruppo camorristico-imprenditoriale-politico che si contrappose alla NCO di Cutolo e seppe coinvolgere i politici democristiani e socialisti più importanti degli anni Ottanta e Novanta.
Il fenomeno Bardellino è esemplare per la sua traiettoria fulminante e devastante, per la sua incidenza sul tessuto sociale, per l’utilizzazione che ha saputo fare delle più moderne tecniche della finanza globale e del commercio internazionale, efficacemente applicate all’industria del crimine. E ciò che più stupisce è che solo in pochi – e mi riferisco soprattutto a intellettuali e artisti – si siano resi conto di cosa stava accadendo nel Casertano durante gli anni Ottanta e che ancora meno abbiano ritenuto quelle storie degne di essere raccontate. Sul gangsterismo americano, fenomeno meno potente se paragonato alla camorra, sono stati scritti romanzi, saggi, sono stati girati capolavori cinematografici che hanno contribuito a combatterlo. In Italia qualcosa di simile s’è fatto negli anni Sessanta con i film di Francesco Rosi, poi niente più.
È passato molto tempo prima che ci si rendesse conto che la camorra è un’emergenza internazionale, con legami e collusioni molto ampie, a tutti i livelli e ancora di più ne è dovuto passare prima che l’invisibilità che la protegge si spezzasse. C’è da dire, però, a parziale discolpa di chi non ha visto e non ha capito, che il silenzio che ha circondato per quasi un ventennio le “gesta” dei casalesi è un atto di genialità che va loro riconosciuto. A differenza di altri gruppi criminali, la camorra ha sempre agito nell’ombra. Nelle zone che controllava ha imposto un ordine che faceva spostare altrove i riflettori delle forze dell’ordine. Il tutto avvantaggiandosi dell’attenzione riservata a Cosa Nostra che uccideva in modo eclatante giudici e giornalisti e quindi attirava l’intera attenzione nazionale e internazionale.
Sandokan uscì per la prima volta nell’aprile del 2004 per i tipi di Einaudi e ancor prima che venisse pubblicato ci fu la richiesta di sequestro del libro, da parte dei legali dei boss, e di trasferimento del processo contro il clan dei Casalesi, per “legittima suspicione”. In un’intervista Balestrini aveva anticipato il tema del romanzo e gli avvocati di Sandokan si erano affrettati a chiedere che non fosse pubblicato perché poteva influenzare il processo: la richiesta fu respinta, ma gli attacchi al romanzo non finirono. Ci fu immediatamente una seconda querela, a libro edito, che è stata archiviata solo nel 2008. Il primo capitolo del libro, che racconta dell’arresto di Sandokan, era stato ritenuto offensivo per la moglie e le figlie del boss, poiché, sostenevano i legali, si descriveva Francesco Schiavone come un criminale. Ma paradossalmente Balestrini non aveva fatto altro che realizzare un collage utilizzando frasi tratte dagli articoli apparsi in quei giorni sui quotidiani locali. Quindi non aveva alterato nulla. Nel frattempo Schiavone è stato condannato e l’editore ha sospeso, in via cautelativa, la ristampa del libro che risulta esaurito da tempo. Finalmente, a vicenda conclusa, Sandokan torna in libreria.
Balestrini ha raccontato una storia collettiva cristallizzando momenti significativi del nostro presente con un linguaggio corale capace di mettere in scena situazioni esemplari. Tutto questo, probabilmente, sul piano letterario potrebbe dar luogo a un’epica moderna che potrà avere come diretta conseguenza anche un enorme valore di denuncia morale e civile, che però sta al lettore voler ricavare. Resta nelle orecchie dopo aver letto questo libro il rumore straziante delle civette crocifisse. È usanza molto antica, infatti, quella di crocifiggere ai portoni delle masserie queste civette che urlano per il dolore sino alla morte. Un modo per spaventare con quelle urla strazianti gli spiriti maligni che si avvicinano al territorio. Così fu fatto da molti contadini quando uccisero Antonio Bardellino presagendo che quella morte avrebbe portato spargimenti di sangue in tutte le famiglie. Quelle urla ti restano dentro e non servono a cacciare gli spiriti, quanto a farti sentire le tenebre dentro di te.
di Roberto Saviano ( La Repubblica)
Video di Giampiero De Luca |
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