Mariupol – Tornano a inasprirsi i combattimenti nel sud-est ucraino dilaniato dalla guerra. I separatisti pro-Russia hanno lanciato un’offensiva sul porto di Mariupol, terzo fronte dopo la Crimea e Donetsk.
Il lancio di missili Grad ha provocato almeno 30 morti e 93 feriti, secondo Oleg Kalinin, portavoce del sindaco della città. Secondo il ministero della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, inoltre, reparti dei miliziani separatisti sono entrati nella periferia di Mariupol. Non ci sono conferme indipendenti di questa notizia.
Il “presidente” dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko, citato da Ria Novosti, ha annunciato l’offensiva deponendo una corona di fiori in ricordo dei 13 civili uccisi due giorni fa a Donetsk da un bombardamento: “Oggi – ha detto – è iniziata l’offensiva su Mariupol, sarà il miglior monumento a tutti i nostri caduti”.
L’Ucraina reagisce nel pomeriggio con una nota del ministero degli Esteri: “La Russia, che continua a sostenere le azioni terroristiche nel Donbass e i cui soldati stanno partecipando ai combattimenti contro l’Ucraina, è pienamente responsabile per le vittime innocenti di Volnovakha, Debaltseve, Donetsk, Mariupol e di molte altre città e villaggi”.
E il presidente ucraino Petro Poroshenko ha deciso di tornare in anticipo dall’Arabia Saudita (dove si trovava per i funerali di re Abdullah) per poter partecipare domenica a una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza.
L’attacco a Mariupol “è una ulteriore escalation del conflitto che ha conseguenze tragiche per la popolazione che già soffre da tempo e potrebbe inevitabilmente portare ad un ulteriore deterioramento delle relazioni Ue-Russia” interviene l’alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini. “Chiedo apertamente alla Russia di usare la sua influenza considerevole sui leader separatisti per fermare ogni forma di sostegno militare, politico e finanziario”, ha detto al Mogherini in una nota. “Questo eviterebbe conseguenze disastrose per tutti, i responsabili dell’escalation devono fermare la loro azione ostile e dare seguito ai loro impegni”, conclude.
Zakharcenko, da parte sua, dichiara di non voler cercare un compromesso con Kiev per una tregua. La porta della diplomazia, in realtà, potrebbe essere socchiusa. Lo stesso “presidente” dell’autoproclamata repubblica di Donetsk aveva sottolineato sabato di essere pronto a parlare con il presidente ucraino Poroshenko. Ma “solo con lui”.
Un accordo di pace appare comunque al momento drammaticamente lontano: saltato il vertice in “formato Normandia” tra Putin, Hollande, Poroshenko e Merkel previsto il 15 gennaio ad Astana, mercoledì i ministri degli Esteri dei quattro Paesi si sono incontrati a Berlino e hanno lanciato un appello per il ritiro delle armi pesanti dalla linea di fuoco.
Ma le ultime stragi (quella di sabato a Mariupol e quella di giovedì a Donetsk) rendono chiaro che l’‘accordo’ è rimasto lettera morta. Mosca, da parte sua, potrebbe avere interesse a far proseguire i combattimenti, non per annettersi il Donbass come ha già fatto con la Crimea, ma per destabilizzare l’Ucraina, la cui economia – da tempo in recessione – è messa in ginocchio dal conflitto nel sud-est ed è sempre più dipendente dai miliardi degli alleati occidentali e del Fmi. La Russia – pur in crisi economica – punta inoltre a un’Ucraina federale, dove il sud-est russofono e in buona parte avverso al governo di Kiev, le permetterebbe di condizionare la politica interna dell’Ucraina. E scongiurare il suo ingresso nella Nato.