Pesaro – Utilizzavano false attestazioni per importare falsi prodotti biologici dall’est europeo: a quasi due anni dall’avvio delle indagini della Guardia di Finanza di Pesaro salgono a 35 le persone denunciate.
Ulteriori investigazioni condotte dal Nucleo di Polizia tributaria di Pesaro e dal Nucleo investigativo dell’Ispettorato Repressione Frodi di Roma (Icqrf), hanno fatto emergere elementi di prova nei confronti di altri otto indagati: B.M., 29 anni, G.L., 51 anni, e S.D., 47 anni, (Verona); B.A., 50 anni e G.L., 61 anni, (Ravenna); G.R., 40 anni, e M.P., 54 anni, (Forlì), D.A., 49 anni, (Bologna).
La procura di Pesaro ha esteso anche a loro i reati di associazione per delinquere transnazionale, in quanto “responsabili di aver promosso e partecipato, anche avvalendosi di società estere appositamente costituite, ad attestare la falsa certificazione dei prodotti agricoli convenzionali come biologici”.
Gli otto sono stati denunciati “quali soci e/o amministratori di società importatrici di merce o nella veste di responsabili di organismi di controllo preposti alla certificazioni dei prodotti derivanti da agricoltura biologica, che, a partire dall’anno 2010, hanno immesso nel circuito del mercato biologico italiano ingenti quantitativi di granaglie destinate al comparto zootecnico e, in taluni casi, all’alimentazione umana (in particolare, soia, mais, grano tenero e lino), provenienti sia da Paesi extra Ue (Moldavia, Ucraina e Kazakhstan) che Ue (Romania)”.
Al momento sono state sequestrate oltre 2.200 tonnellate di granaglie, falsamente certificate biologiche, per un valore complessivo pari a circa 3 milioni di euro e permesso di denunciare 35 persone, coinvolte nel traffico illecito di prodotti agricoli.
Il gip del Tribunale di Pesaro, Raffaele Cormio, “ha emesso nei confronti degli otto responsabili, da ultimo denunciati, il provvedimento di sequestro preventivo per equivalente, di beni mobili ed immobili, (terreni, edifici, conti correnti ed autovetture) fino all’ammontare complessivo di oltre 26 milioni di euro, corrispondenti all’illecito profitto incassato dall’associazione per delinquere”.