Venerdì 6 febbraio parte ufficialmente il prestigioso torneo rugbystico “Sei Nazioni” (RSB 6 Nations) a cui parteciperanno, come da quindici anni a questa parte, anche i nostri azzurri oltre che Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda e Scozia.
L’Italia esordirà con i campioni in carica irlandesi sabato 7 febbraio. All’Olimpico disputerà anche i match con Francia (15 marzo) e Galles (21 marzo).
Positivi sono i pronostici degli esperti nel settore. Il presidente della Fir (Federazione Italiana Rugby) Alfredo Gavazzi, durante la presentazione del Sei Nazioni ha dichiarato: “Sono sicuro che la squadra vuole vincere, che i ragazzi hanno lavorato tanto con lo staff per far sì che arrivino i risultati. […] L’Italia stessa può essere una sorpresa” e ancora “Si accendono le luci su di noi da oggi fino alla fine di marzo il rugby avrà un’attenzione particolare da parte di tutti i media. Il Sei Nazioni è un torneo importante”.
Il ventunenne Marcello Violi, convocato per la prima volta nella squadra nazionale in vista del torneo, ha inoltre affermato di essere stato shoccato dalla bellissima notizia e di aver subito “un certo impatto” di fronte a tanti miti del rugby, ma lo sport è divertimento e ora si prepara all’esperienza internazionale della gara.
Secondo il regolamento: ogni squadra gioca contro le altre un solo incontro. Due punti vengono assegnati per ogni vittoria, uno per il pareggio e nessuno per la sconfitta. La squadra vincitrice del torneo deve totalizzare più punti e, in caso di parità, la miglior differenza di punti.
LA STORIA DEL RUGBY E DEL TORNEO. È il 1823 e in una soleggiata giornata dei giovani studenti inglesi stanno disputando una partita di football. Uno di loro, un futuro pastore protestante originario della città di Rugby, William Webb Ellis, raccoglie la palla con le mani e inizia a correre verso la linea di fondo campo avversaria per poi schiacciarla oltre la stessa linea urlando: “Meta!”. Un gesto che determinò la nascita di un nuovo sport che incuriosiva per la sua energia, l’esaltazione del potere umano e della vicinanza dell’uomo alla natura e, sicuramente, per il suo carattere ossimoricamente sfrontato e portatore di valori benevoli e quasi arcaici.
La tenacia e la voglia rivoluzionaria dimostrata da W.W. Ellis hanno ispirato nel 1883 la nascita di un embrionale torneo disputato da più nazioni in cui si doveva decretare non la squadra più forte, ma quella più costante nel raggiungimento di grandi risultati. Questo è il valore della “Meta!” intesa non come voglia di vittoria, ma conquista di obiettivi. Gli stati partecipanti allora erano soltanto quattro (Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles). Nel 1910 il torneo si allarga: partecipa anche la Francia. Nel 1998 le federazioni facenti parte del comitato organizzatore approvano l’ammissione dell’Italia, a partire dall’edizione dell’anno 2000.
L’Italia ha negli ultimi tempi visto crescere l’interesse per questo sport, tanto che all’Olimpico di Roma quest’anno sembra non ci saranno posti a sedere liberi. Il rugby è stato apprezzato non solo dal punto di vista atletico, ma anche da quello prettamente umano. I giocatori e i tifosi delle squadre rugbystiche sono infatti famosi per la loro grande sportività. Durante una partita si respira un’aria di gioia e festività, più che di odio o di invidia.
A tal proposito, nel film “Invictus” di Clint Eastwood, che racconta gli avvenimenti avvenuti durante la Coppa del Mondo di rugby del 1995, tenutasi in Sudafrica poco tempo dopo l’insediamento di Nelson Mandela come presidente della nazione, il personaggio di Feyder in una famosa scena afferma: “Sai cosa dicono del calcio? Che è un gioco da gentiluomini giocato da selvaggi. Invece il rugby è un gioco da selvaggi giocato da gentiluomini.”