Stalking, la Cassazione: niente sguardi alla vittima

di Emma Zampella

Roma – La Cassazione fornisce il decalogo sulle misure di protezione della vittima di stalking. È la sentenza numero 5664 della quinta sezione penale a stabilire il divieto assoluto di avvicinamento e comunicazione alla persona offesa o l’individuazione precisa dei luoghi cui non deve avvicinarsi.

Per la Cassazione, il giudice deve applicare ad un indagato per stalking la misura cautelare deve specificare quale sia il comportamento da adottare, questo per consentire l’effettività della misura e per meglio tutelare la vittima.

Applicare il divieto di avvicinamento e di comunicazione, implica un “comportamento specifico”: quello “di non cercare contatti”, “non avvicinarsi fisicamente”, “non rivolgersi a lei con la parola o lo scritto”, fino al “non guardarla (quando lo sguardo assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d’animo): insomma, non fare tutto ciò che lo stalker è solito fare e che i soggetti appartenenti alla detta categoria comprendono benissimo”, spiegano i giudici.

“È compito del giudice di merito – concludono gli ermellini – stabilire, in base alle concrete connotazioni assunte dalla condotta invasiva dell’agente, se questi debba tenersi lontano da luoghi determinati, in questo caso da indicare specificamente» o «se debba tenersi lontano, puramente e semplicemente dalla persona offesa; e se una siffatta prescrizione debba essere accompagnata da divieti di comunicare, anche con mezzi tecnici con quest’ultima”.

In questo modo, per altro, “la sfera di libertà non è affatto compromessa in maniera indefinita o eccessiva, ma solo nella misura strettamente necessaria alla tutela della vittima”.

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