Camorra, sequestrati altri beni per 250mila euro ad imprenditore casalese

di Redazione

 CASERTA. La Guardia di Finanza della Tenenza di Mondragone hanno apposto i sigilli a beni immobili e mobili, per un valore complessivo di oltre 250mila euro, all’imprenditore Giuseppe Diana di Casal di Principe.

La misura restrittiva riguarda un immobile sito a Minturno (Latina), due terreni a Cancello Arnone e un’autovettura di grossa cilindrata che all’atto del sequestro è stata rinvenuta a Grazzanise. Si tratta dunque di un estensione della nota operazione “Strike” messa a segno lo scorso mese di dicembre, quando i finanzieri di Mondragone diedero esecuzione al provvedimento di sequestro di beni a danno dell’imprenditore Diana, operante nel settore della distribuzione del gas, nei cui confronti sono stati emessi nel tempo plurimi provvedimenti giurisdizionali (sentenze ed ordinanze applicative di misure cautelari coercitive). Alquanto complessa ed articolata l’intera vicenda giudiziaria riguardante l’imprenditore casalese.

Il 22 marzo 2007, il Gip presso la Procura della Repubblica di Napoli disponeva nei confronti dello stesso la misura della custodia cautelare in carcere, in ordine ai reati di estorsione aggravata a danno di V.G., O.M. ed O.S., nonché di illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata perché, in concorso con S.G., compivano nella zona di Mondragone e limitrofe atti finalizzati ad instaurare un regime monopolistico del settore commerciale della distribuzione del gas.

Il 29 ottobre 2007, sempre il Gip di Napoli ordinava l’irrogazione nei confronti dell’imprenditore della custodia inframuraria per essersi reso responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa, commessa sempre in Mondragone e zone limitrofe fino al 2005. In particolare, gli veniva contestato il ruolo da questo ricoperto quale percettore di tangenti per conto del clan La Torre versate mensilmente dalla Eco4 S.p.a. alla comprovata partecipazione, le condotte di concorrenza violenta realizzata avvalendosi della forza di intimidazione promanante dal gruppo criminale di zona, l’aver svolto attività di protezione in favore dei soggetti assunti presso la Eco4 su imposizione o, comunque, tramite l’intervento di soggetti legati al clan, l’ausilio offerto alla citata società al fine di consentirle l’ottenimento della certificazione antimafia, il contributo consapevole fornito allo sviluppo di un’ulteriore azione estorsiva posta in essere dal clan La Torre ai danni di O.M., nonché la circostanza che egli avesse consentito di utilizzare i locali di un’impresa nella sua disponibilità quale luogo di ricovero dei latitanti F.G. e C.E. e di aver consentito l’occultamento delle armi in uso a questi, come acclarato dalla polizia giudiziaria che, proprio in quel luogo, traeva in arresto i due e vi rinveniva anche numerose armi da fuoco.

In data 8 gennaio 2008, Diana veniva colpito da un’ulteriore ordinanza, con cui il Gip di Napoli applicava nei confronti dello stesso la misura degli arresti domiciliari in ordine ai delitti di estorsione continuata perché, in concorso con esponenti del clan camorristico La Torre, al fine di agevolare detta compagine criminale, costringeva L.A. e L.L. al versamento periodico di una tangente. Inoltre, l’imprenditore si rendeva responsabile di tentata estorsione aggravata perché, con minaccia metodologicamente mafiosa, cercava di costringere O.M., amministratore di fatto della Eco4, a versare periodicamente del denaro destinato inizialmente a pagare tangenti al clan dei “Muzzoni”, operante nella limitrofa area di Sessa Aurunca.

In data 28 gennaio 2008, si disponeva nei confronti di Diana un’ulteriore misura degli arresti domiciliari in riferimento al delitto di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo camorristico, operato mediante il sistematico riciclaggio dei proventi di attività illecite e la messa a disposizione delle proprie strutture aziendali.

Nel marzo 2008, veniva disposto il rinvio a giudizio di Diana ed il 23 marzo 2009 il Gup di Napoli dichiarava lo stesso colpevole dei reati ascrittogli, condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione; Il successivo mese di luglio 2008, il Gip presso la Procura della Repubblica di Roma applicava nei confronti di Diana la custodia cautelare in carcere per concorso in tentativo di riciclaggio aggravato, in ordine alla nota vicenda relativa al finanziamento offerto alla società calcistica Lazio, provvedimento prima annullato dal Giudice del Riesame del Tribunale di Roma e poi confermato dalla Corte di Cassazione.

Il 14 settembre 2009, il Gip di Napoli applicava nei confronti di Diana la misura della custodia in carcere in ordine al delitto di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo camorristico aggravata e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, ordinando il sequestro preventivo dei beni riferibili al predetto, successivamente dissequestrati per ordine del Tribunale del Riesame.

Lo scorso mese di dicembre 2009, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito dell’analisi della documentazione prodotta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, ritenendo sussistere in capo a Diana sufficienti indizi di appartenenza a contesti malavitosi associativi, tuttora attivi e pericolosi, disponeva nuovamente il sequestro di 36 terreni, 8 fabbricati, un locale adibito a negozio, un immobile in costruzione, 6 società a responsabilità limitata operanti nel settore della commercializzazione del gas, comprendendo la totalità delle quote, del complesso aziendale e del patrimonio, capitali e beni di una società con sede a Salerno, disponibilità finanziare, 10 conti correnti, nonché autovetture di grossa cilindrata.

All’epoca le regioni interessate all’esecuzione del provvedimento furono la Campania (provincia di Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e Benevento), il Lazio (provincia di Roma, Latina e Frosinone), la Calabria (provincia di Cosenza) ed il Molise (provincia di Isernia). Il valore complessivo stimato dei beni sottoposti a sequestro ammontava a circa 40 milioni di euro. Con l’intervento odierno si sono aggiunti altri 250mila euro a conferma del serio intento dell’apparato istituzionale operante in Terra di Lavoro, alla luce degli ultimi famigerati eventi di sangue.

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