Camorra, si pente il boss Panaro: è il braccio destro di “Sandokan jr”

di Redazione

San Cipriano d’Aversa – Come Antonio Iovine anche il boss Nicola Panaro ha deciso di collaborare con la magistratura, iniziando a fare piccole ammissioni.

Intanto, la sua famiglia, che vive a San Cipriano d’Aversa, è stata già portata in un luogo sicuro, nel corso della scorsa notte, dagli agenti della Direzione investigativa antimafia.

È l’atto iniziale del pentimento imminente del braccio destro di Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco “Sandokan”, che cede alla condanna dei 30 anni per l’omicidio di Giuseppe Gagliardi. Condanna emessa due mesi fa dai giudici del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Tra le rivelazioni che potrebbe fare quelle relative alle aree Pip di Lusciano e alla Ex Texas di Aversa.

Panaro fu catturato a Lusciano il 14 aprile 2010. Cugino di “Sandokan”, Panaro era sfuggito al blitz dell’operazione “Spartacus 3”, ed era considerato il personaggio più potente dell’organizzazione, subito dopo gli allora superlatitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine. Inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi, nei suoi confronti era stato anche emesso un mandato d’arresto internazionale perchè ritenuto responsabile di associazione per delinquere finalizzata alle estorsione.

La prima inchiesta nella quale risulta coinvolto insieme ad altri esponenti dei Casalesi risale al 1996, quando la Dda spiccò nei suoi confronti un mandato di cattura per racket e camorra. L’11 novembre del 1998, fu condannato a 6 anni e 4 mesi di carcere, dai giudici della quarta sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, perché riconosciuto colpevole di aver fatto parte di una banda dedita al racket a capo della quale c’era il sanciprianese Michele Iovine, condannato, in quella occasione a 15 anni di carcere per associazione mafiosa ed estorsione. Il 27 marzo 1999 fu arrestato dagli agenti della squadra mobile casertana. Fu trovato in un appartamentino di via Leoncavallo, a Casal di Principe, di fronte alla casa del suocero Dionigi Diana. Dal 1995 era ricercato quando scattò il blitz-stralcio di Spartacus.

Nel 2002 fece perdere le proprie tracce dopo la scarcerazione disposta dalla prima sezione della Corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, al termine del processo per l’omicidio dell’imprenditore edile Aldo Scalzone, nel quale era imputato con l’accusa di omicidio. I suoi avvocati riuscirono a dimostrare che nessuno dei cinque pentiti alla base delle indagini aveva fatto esplicito riferimento al loro assistito.

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