Castel Volturno – Tra le province di Caserta, Napoli, Frosinone e Latina, i carabinieri della compagnia di Santa Maria Capua Vetere hanno dato esecuzione a un decreto di fermo emesso dalla Procura sammaritana nei confronti dei dieci persone ritenute gravemente indiziate dei reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
L’indagine, svolta dai carabinieri della stazione di Grazzanise, è stata avviata nel mese di novembre 2014, a seguito di un controllo operato nei confronti di un giovane tossicodipendente, e si è conclusa in questi giorni dopo attività di intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione, pedinamento e controllo. Il giovane tossicodipendente controllato dai militari aveva loro riferito a verbale di aver acquistato lo stupefacente, come del resto in altre occasioni, da uno spacciatore i colore operante a Castelvolturno in un edificio ubicato di fronte ai locali della “Caritas”, attualmente in disuso e in stato di abbandono.
Ai carabinieri l’edificio era già noto come punto di incontro di tossicodipendenti e spacciatori. Pertanto, ne avevano fatto oggetto di specifica osservazione. L’indagine, nel prosieguo, ha consentito, nel suo complesso, di accertare che lo stupefacente veniva lavorato e tagliato a Castelvolturno, presso l’abitazione di immigrati di origine africana; veniva quindi ceduto a italiani, provenienti soprattutto dalle province di Latina e Frosinone: costoro si recavano a Castelvoltumo, nell’edificio della Caritas, divenuto, nel tempo, vero e proprio “supermarket della droga” e comunemente indicato dagli indagati, nelle loro conversazioni telefoniche, come ‘Caritas’ o ‘ufficio’, proprio per acquistare lo stupefacente e, successivamente, smerciarlo al dettaglio nelle zone di provenienza.
La droga, in alternativa, veniva consegnata “a domicilio” a pusher di altre aree, da parte di corrieri italiani, in buona parte donne, che occultavano la droga nelle parti intime, al fine di eludere i controlli.
Nel corso dell’attività investigativa, dai commenti degli indagati al telefono, si sono tratti elementi che hanno consentito di fare luce sul decesso del transessuale brasiliano Barbosa Cruz Marcio Henrique, rinvenuto cadavere a Castelvolturno la mattina del 3 febbraio scorso: in un primo momento scambiato per una donna, così indicato all’inizio anche dai media.
In particolare, dall’attività di intercettazione telefonica si è appreso che un uomo di nazionalità nigeriana (appartenente all’ambiente degli spacciatori “osservati” nel corso dell’indagine), tale Fidelis Ezeani, durante un “festino” a base di sesso e droga, aveva procurato, insieme con un complice, Samuel Ajayi, la morte, per insufficienza respiratoria acuta (pare da soffocamento), del transessuale, del quale i due complici avevano poi abbandonato il corpo in strada, allorché era ancora in vita.
Il trascinamento del corpo del trans, da parte dei due nigeriani, Ajayi ed Ezeani – dall’interno dell’abitazione (al primo piano di un edificio in via Agnolo Poliziano, dove si era svolto il festino) fino al cortile sul retro e, successivamente, fino in via Poliziano dove il brasiliano era stato, quindi, abbandonato – sono circostanze rilevate, in un momento successivo, sia dalle telecamere di cui era dotato l’appartamento del piano terra, sia dall’esame esterno del corpo effettuato dal medico di turno, esame che evidenziava segni dovuti al trascinamento, oltre che dagli strappi sui vestiti della vittima.
L’accurato sopralluogo sulla scena del crimine condotto da personale della sezione rilievi del comando provinciale di Caserta e le successive indagini, cui ha collaborato anche personale della compagnia di Mondragone, hanno consentito, infine, di identificare i due principali soggetti coinvolti, appunto Ajayi ed Ezeani. Quest’ultimo, avendo intuito che le indagini già puntavano nella sua direzione, ha tentato di abbandonare il territorio nazionale, ma è stato bloccato a pochi chilometri dal porto di Bari. Entrambi sono stati oggetto di provvedimento di fermo del p.m. per omicidio volontario e altri reati, eseguito pochi qualche giorno fa e già convalidati dal gip. In merito al decesso sono ancora in corso accertamenti (tra i quali quelli medico-legali), finalizzati ad accertare l’esatta causa della morte, le specifiche responsabilità in merito all’omicidio, nonché ad individuare eventuali ulteriori soggetti coinvolti.
Altro particolare inquietante è dato dal fatto che, dalle intercettazioni telefoniche, è emerso che uno degli indagati aveva contattato i propri parenti in Nigeria e aveva chiesto loro di effettuare un rituale voodoo affinchè nessuno facesse il suo nome in relazione all’omicidio.
Nel corso dell’indagine, durata quattro mesi, erano già stati eseguiti dieci arresti in flagranza di reato, tre provvedimenti di fermo del pm e due ordinanze di custodia cautelare in carcere, nonché recuperati e sottoposti a sequestro complessivi 123 grammi di eroina, 2 di cocaina e 3 di hashish. All’atto dell’esecuzione dei fermi per droga, uno dei fermati, Thomas Lee, e una extracomunitaria non colpita dal provvedimento di fermo sono stati trovati in possesso di rilevanti quantitativi di eroina e arrestati in flagranza.
I provvedimenti pre-cautelari eseguiti giovedì mattina rientrano nel quadro delle numerose attività svolte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, dirette al contrato delle varie forme di degrado del territorio e, in particolare, al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope, fenomeni ormai radicati soprattutto, ma non solo, a Castelvolturno e zone limitrofe.
I fermati: Alfonso Americo, 26 anni, di San Giuseppe Vesuviano; Gaetano Arciero, 32, di Cassino; Barbara Camera, 38, di Minturno; Leonardo Di Silvio, 30, di Cassino; Marangela Di Silvio, 28 di Cassino; Kojo Frimpong, 44, ghanese; Thomas Lee, 46, liberiano; Charles Prince, 31, ghanese; Amritpal Singh, 30, indiano; Angelina Somma, 26, di San Gennaro Vesuviano. Arrestati in flagranza Thomas Lee e Florenze Ashaiku, nigeriana, 26 anni.