Napoli – “Circa 100mila casi di fratture di collo del femore negli anziani si registrano ogni anno in Italia, con un costo sociale che si aggira sui 100 milioni di euro solo per ricovero e trattamento chirurgico, senza considerare riabilitazione, invalidità conseguente ed oneri familiari. Di questo passo, si stima che, nel 2050, tenendo presente che l’aspettativa di vita è salita a 84,9 anni per le donne e a 80,2 per gli uomini, come rilevato dall’ultimo rapporto demografico Istat, il numero dei casi potrebbe crescere almeno del 30 per cento”.
Ad affermarlo, è Aldo Bova, primario della Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale San Gennaro di Napoli e presidente, insieme a Lucio Cillo e Paolo Mallano, del terzo congresso Octo (Ortopedici traumatologi ospedalieri campani), che si è svolto a Napoli il 20 e 21 febbraio nell’Expo della Stazione Marittima.
“Durante i lavori -aggiunge il professor Bova- illustreremo gli strumenti di prevenzione e cura delle fratture del collo del femore. Tra questi: le mutande antifrattura, ancora poco usate, vere e proprie imbragature con cuscinetti laterali che attutiscono l’urto e riducono il rischio-frattura nell’eventuale caduta; la vite cefalica chirurgica, che si pre-impianta nel collo del femore per rinforzarlo; la domotica per ridurre il rischio cadute nelle pareti domestiche; la terapia medica farmacologica anti osteoporosi”.
“Infine, una moderna e intensa riabilitazione globale post-operatoria, effettuata anche con l’ausilio di mezzi robotici, deve tener presente anche il fondamentale sostegno umano, di grande rilievo nell’effettivo conseguimento del risultato”, conclude Bova.