In radio stanno andando bene, forse meglio di ciò che è accaduto sul palco dell’Ariston che poco ha tollerato la loro versione anomala e per niente stereotipata del sesso, proposta nel loro brano. “Elisa”, questo il titolo del singolo sanremese ha permesso ai Kutso di rivelarsi al grande pubblico e adesso, a qualche settimana di distanza dal Festival, assicurano di non essere “dei mattacchioni che cantano cavolate: i nostri riferimenti sono Rino Gaetano, Battisti e Gaber”.
Con alle spalle una robusta gavetta live (il loro tour si chiama non a caso “Perpetuo tour”) e un album pubblicato nel 2013 (“Decadendo su un materasso sporco”) nell’ambito indie, sono arrivati al Festival di Sanremo quasi per caso, grazie all’incontro con Alex Britti, che ne ha prodotto la canzone. “La canzone infatti non era nata per Sanremo – spiegano -. La dovevamo mettere sul precedente disco. Ma poi abbiamo pensato di non sprecarla”. I ragazzi hanno aspettato per giocarsi una carta importante, un’occasione paventatasi grazie alla collaborazione con Britti che va avanti dal 2006: “Con lui collaboravamo con lui parallelamente alla nostra attività live. Ma poi noi abbiamo attivato un percorso nostro che ci ha portato a fare tante cose”.
E ancora: “Noi siamo un gruppo che viene dall’ambiente indie. Il disco contiene sia brani con cui abbiamo lavorato con Alex sia cose nuove. Non stavamo pensando a Sanremo perché siamo fuori dal coro e mai avremmo pensato che potesse adattarsi a questa situazione. Alex ci ha dato l’opportunità che da soli non avremmo mai avuto, perché un’etichetta che ti presenti è fondamentale”. L’album in uscita ha un titolo abbastanza eloquente, quale “Musica per persone sensibili”, un lavoro che “ripercorre la linea tracciata dal primo ma è più rock. Il paradosso è che siamo andati a Sanremo proprio adesso che avevamo un disco più rock”.
A chi chiede loro una descrizione della propria musica, i ragazzi della band hanno risposto di trattarsi di una musica a “più livelli di fruizione: a un primo ascolto molto semplice e superficiale, può dare un piacere irrazionale. Ma se ci si sofferma ad ascoltare le canzoni con più attenzione, magari in solitudine, ci si accorge che i testi sono l’espressione del marcio che ci circonda”. “Quello che vorremmo arrivasse – ricordano ancora i Kutso – è che non siamo semplicemente dei mattacchioni che scrivono cavolate. Viviamo sul contrasto tra una musica solare e gioiosa e testi cupi, che spesso contengono invettive contro tutto e tutti. Ci piace l’effetto colpo di scena, ma non il comico per forza di cose. “Elisa” per esempio fa il verso al cliché del divario tra l’uomo e la donna ma è anche un pretesto per prendere in giro le canzoni d’amore con i luoghi comuni che si portano dietro. Basta immagini auliche! Abbiamo riportato la vicenda al carnale”.