Licenziato per aver denunciato “morti evitabili”: il giudice condanna Asl

di Redazione

Aversa – Il giudice del lavoro ha condannato l’Asl di Caserta a reintegrare al proprio posto di lavoro il dirigente medico Nazario Di Cicco, di Aversa, illegittimamente licenziato nell’agosto del 2008, e al risarcimento del danno biologico, morale e professionale dallo stesso subito in virtù dei comportamenti di mobbing posti in essere dall’amministrazione datrice di lavoro.

La sentenza, la numero 589 del 2015, è stata pronunciata dal giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Adriana Schiavoni, e ripercorre l’intera vicenda lavorativa del medico che dal lontano 2003 è stato oggetto di comportamenti persecutori frutto “di una strategia complessiva diretta all’emarginazione e al definitivo allontanamento del ricorrente dal contesto lavorativo”, si legge.

Per l’avvocato Angelo Maietta, legale della Felsa-Cisl di Caserta, che ha difeso il dottor Di Cicco, sin dai primi giudizi dallo stesso intentati dei confronti dell’allora Asl Ce2, oggi Asl Caserta, la sentenza, che si pone nel solco delle precedenti pronunce emesse nei confronti della stessa amministrazione, già condannata in precedenza al risarcimento del danno biologico per un primo periodo (sentenza 6039/2010) ed al pagamento delle retribuzioni illegittimamente sospese (sentenza 5408/2012), “è espressione della sensibilità e dell’acume giuridico della magistratura sammaritana nel contrasto del deprecabile fenomeno delle vessazioni sul luogo di lavoro, offrendo un significativo contributo di riflessione giuridica sulle dinamiche risarcitorie e redibitorie collegate al fenomeno del mobbing”.

Vittima di una giustizia che, procedendo a passo di lumaca, gli ha distrutto la vista civile e professionale, il medico ortopedico nell’anno 2000, con una lettera pubblicata, in prima pagina, sul “Corriere della Sera” ebbe l’ardire di confermare, come affermato da una ricerca condotta della società Prometeo, che l’allora Asl Ce2, in cui prestava servizio come specialista nel reparto di ortopedia dell’ospedale “Moscati” di Aversa, era la prima Asl in Italia per “morti evitabili”. Lo specialista che aveva denunciato in più occasioni le carenze della struttura, le quali, a suo dire, impedivano una corretta attività chirurgica, aveva sentito il dovere di intervenire denunciando “il silenzio omertoso dei vertici dell’Azienda perché – come chiariva nella lettera – nessuno, all’interno oppure all’esterno dell’Asl Ce2, sentiva il dovere di spiegare o chiedere il motivo di un siffatto risultato”.

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