Negrita, “9”: il ritorno al rock

di Emma Zampella

Tornano alle origini, con un’impronta rock e decisamente nostalgica. È il mood del nuovo album dei Negrita, “9”, un progetto di inediti in uscita il prossimo 24 marzo. 13 brani che sono stati registrati al Grouse Lodge di Rosemount, in Irlanda.

Dopo la parentesi acustica, quella della raccolta “Déjà Vu”, che si mescola alle contaminazioni rock degli esordi, la band torna con un disco particolare perché pensato quasi interamente durante quella che Pau, Drigo e Mac definiscono come “esperienza romana”, cioè i due mesi in cui hanno suonato al Teatro Sistina di Roma per il musical Jesus Christ Superstar(Pau interpretava Pilato). Un’esperienza “straniante, non siamo abituali a essere residenziali e non siamo nemmeno amanti del genere musical. Però ci siamo ritrovati nell’unico musical che poteva essere adatto a noi”, ha raccontato Pau.

E poi ancora: “Da quando sono bambino, tra le videocassette avevo Jesus Christ Superstar in mezzo ai dinosauri e ai classici del rock”. Di sera sul palco, di giorno al lavoro in studio, per comporre le tracce (tredici, anche se 1989è brano d’archivio) del nono album, che ha risentito anche del musical, invogliando i Negrita a recuperare “il sound di fine anni Sessanta”.

Drigo spiega la filosofia on the road della band: “I nostri dischi precedenti nascono all’insegna di viaggi importanti che ci hanno portato in paesi e territori alternativi rispetto alla scena rock: Brasile, Argentina, Messico, Spagna. Al Grouse Lodge abbiamo invece respirato l’atmosfera che permeava i dischi della nostra adolescenza”.  A proposito di 1989, il brano fu composto ai tempi di “Rotolando verso Sud (L’uomo sogna di volare)”, anni in cui i Negrita si sono formati come “musicisti e come uomini”, spiega Pau. “Come sonorità però non ci stava ed è finito nel cassetto, invece per “9”è perfetto: tematica anziana, testo vecchio, adatto per la nostra generazione”.

In un’intervista i Negrita hanno poi descritto, ironicamente, la copertina dell’ultimo album: scelta tra centinaia di scatti, la cover immortala la band sulla porta della casa che ospita lo studio, con una statua di Buddha e dei cani (nell’immagine a destra). “Siamo convinti che la musica sia frutto di un lavoro tecnico preciso ma che abbia anche un aspetto magico-esoterico. Quella è una delle tante foto scattate sulla porta dello studio, la casa era piena di simboli, come il Buddha e il dado coperto di lapislazzuli. I cani sono dello studio, ci stavano incollati e hanno voluto essere nella foto, il Buddha invece era divertente a lato, visto che noi abbiamo una spiritualità contradditoria. Insomma, la grafica è un mistero pop, ma senza troppe pretese”.

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