Roma – “Non sono i magistrati a decidere sull’esecutivo”. Così Matteo Renzi alla Luiss School of Government dopo le polemiche sui sottosegretari indagati che, secondo il premier, non devono dimettersi. “Dicendo queste cose perderò voti, ma sto difendendo il principio di Montesquieu per cui non ci può essere nesso tra avviso di garanzia e dimissione”, ha sottolineato il presidente del Consiglio.
L’intervento del premier è a 360 gradi. “Non accetto che ci sia chi si definisce di sinistra perché difende l’articolo 18 – dice Renzi parlando di lavoro – come se chi ha voluto cambiarlo non sia di sinistra. Non credo si possa andare avanti sul termine flessibilità, ora è il momento di spostarsi sulla creazione di un nuovo welfare in grado di garantire tutti”.
Renzi difende il suo operato. “Vorrei togliermi un sassolino – spiega -: deriva autoritaria delle riforme è il nome che taluni commentatori e professori un po’ stanchi danno alla loro pigrizia. Lo dico con il massimo rispetto. Chi è legittimato a decidere non è un dittatore perché se non prende decisioni consegna il Paese alla palude. Decidere, se legittimati a farlo, è democrazia. Tradisce la fiducia chi passa il tempo a vivacchiare senza che l’Italia abbia le riforme necessarie”.
Il presidente del Consiglio parla anche di scuola. “La penso come Umberto Eco: i Promessi sposi a scuola andrebbero proibiti per legge – sottolinea Renzi -. Perché obbligarli li ha resi odiosi e invece così tornerebbe il fascino per un capolavoro assoluto”. Poi l’invito a scommettere sulla scuola e sulla formazione. “L’Italia dei prossimi 100 anni non sarà fatta dalla riforma del lavoro, che difendo, o dalla riforma della P.a., su cui ci giochiamo molto, o dalle riforme istituzionali, ma dal modello educativo. Su questo ci giochiamo una delle chance di essere una superpotenza mondiale. C’è bisogno di una scommessa sulla scuola”.
“Il mio governo – spiega il premier – è nato per cambiare il Paese, non per accontentarsi di ciò che c’è: le riforme che abbiamo fatto non le consideriamo un punto di arrivo ma di partenza. E’ solo l’antipasto: sono convinto che possiamo e dobbiamo cambiare il Paese attraverso le riforme. Se smettiamo di farle perdiamo la nostra ragione d’essere. Da qui al 2018 faremo le cose che in questi anni sono state rinviate”.
“Siamo un Paese – conclude Renzi – in cui i ministri cambiano di anno in anno e i tecnici restano per sempre. Spesso chi comanda è il tecnico perché spesso ha le informazioni chiuse nel cassetto. Il capo di gabinetto, padrone dell’informazione, può orientare la decisione: io rivendico la centralità della politica”.