Droga, armi e rapine a tir: 26 arresti nel casertano

di Redazione

 CASERTA.25 persone, tutte di giovane età, sono state arrestate dalla squadra mobile diretta dal vicequestore Angelo Morabito, in collaborazione col Servizio centrale operativo, delle squadre mobili di Arezzo, Napoli e Pordenone e l’ausilio degli equipaggi dei Reparti prevenzione crimine.

Si tratta di una banda di “cani sciolti”, non legata a nessun clan camorristico, che operava nella zona di Caserta, Marcianise, Maddalonie cittadine limitrofe, cercando di “sostituire” l’egemone clan Belforte, decimato dagli arresti delle forze dell’ordine. Tra gli arrestatiAntonio Pascarella, 30 anni, di Cervino, paesino della provincia di Caserta al confine col beneventano,e Raffaele Vigliotti, 28 anni di Maddaloni, entrambi già detenuti. In manette anche duemilitari dell’Esercito: Giovanni Iaderosa, 32 anni, di Sant’Agata dei Goti (Benevento), caporal maggiore in servizio alla caserma “Salomone” di Capua, e Biagio Calato, 32 anni, di Capodrise (Caserta), caporal maggiore in servizio al battaglione logistico della caserma “Baldassarre” di Maniago (Pordenone).

LA BANDA. All’interno dell’organizzazione spicca la figura di Antonio Pascarella, considerato l’ideatore e promotore, che si avvaleva di un nutrito gruppo criminale nel quale occupavano una posizione preminente e fiduciaria i suoi fratelli, Gennaro e Filippo Pascarella, insieme a Raffaele Vigliotti e Angelo Grauso. La banda, secondo le risultanze investigative, disponeva di una fitta rete di compartecipi a cui erano affidati compiti precisi quali quello di “pusher”, addetto allo smercio dello stupefacente ed al procacciamento dei “clienti”; di “vedette” preposte al controllo del territorio in particolare nelle zone dove era stata impiantata la base operativa del gruppo, un’abitazione di via Galatina a Caserta; di custodi della droga; di diversi canali di vendita al dettaglio della sostanza stupefacente; di diversi canali di approvvigionamento della sostanza stupefacente, attività nella quale ruolo predominante veniva rivestito da Gennaro Attanasio, ritenuto organico al clan Mazzarella di Napoli.

VIDEO con immagini delle intercettazioni e del blitz

UN PITONE A GUARDIA DELLA DROGA.

La droga veniva occultata in zone impervie nei pressi dell’abitazione familiare dei Pascarella a Cervino, da dove veniva trasportata continuamente nell’appartamento situato a Caserta, all’interno del quale, durante l’assenza dei componenti, veniva lasciato libero un grosso pitone bianco al fine di scoraggiare eventuali intrusioni. Da qui il nome dell’operazione, denominata “White Snake” (“Serpente bianco”), che tra l’altro è anche il nome di un famoso gruppo hard rock. Lo stupefacente veniva tagliato e confezionato all’interno dello stesso appartamento, dove, spesso, i clienti venivano invitati anche a consumare le dosi, al fine evitare il pericolo che, se fermati dalle forze dell’ordine subito dopo in strada, potessero rivelare le persone o i luoghi dove era stato acquistato. In alternativa, la cocaina veniva consegnata per la vendita al dettaglio ai numerosi “pusher” al servizio dell’organizzazione.

ARMI. L’organizzazione disponeva anche di un vero e proprio arsenale, costituito da pistole, fucili e mitra, come confermato dall’arresto in flagranza, il 19 marzo 2008, di Angelo Grauso, trovato in possesso di una pistola calibro 9×19 con matricola abrasa e munizionamento da guerra, e, soprattutto, in occasione dell’arresto, sempre in flagranza, il 22 marzo 2008, di Antonio Pascarella e Vigliotti, sorpresi all’interno dell’abitazione casertana con un borsone contenente cinque pistole semiautomatiche ed un mitra di fabbricazione cinese, oltre che di numerose munizioni. La perquisizione nell’abitazione di Cervino dei genitori di Pascarella, inoltre, consentiva di sequestrare due giacche e quattro camicie di ordinanza della Guardia di Finanza. Secondo le indagini, l’organizzazione procacciava le armi attraverso Grauso, grazie ai suoi contatti con la criminalità organizzata napoletana, e disponeva anche di un armiere fidato, individuato in Antonio Palumbo, che, oltre che rifornire di armi il gruppo, aveva realizzato nella sua abitazione di Caiazzo un “laboratorio” dove le armi venivano modificate, per favorirne l’occultamento o aumentarne la potenzialità, o riparate. Venivano sequestrate parti di armi da fuoco: otturatori, grilletti, unghie estrattrici, tubi cilindrici con rigatura interna, congegni di scatto, caricatori, molle a spirale di recupero ed altri oggetti metallici adattabili per armi da fuoco.

I CONTRASTI CON I BELFORTE. Come confermato dalle numerose conversazioni intercettate, la disponibilità di un arsenale dall’elevato potenziale era giustificata dai contrasti insorti con altri gruppi criminali, operanti soprattutto nel comprensorio di Maddaloni e Marcianise, collegati al clan dei Belforte (detti anche “Mazzacane”) di Marcianise, egemone a Caserta e nei comuni limitrofi di Santa Maria Capua Vetere, Maddaloni, San Marco Evangelista e San Nicola La Strada. La conflittualità, determinata dalla spregiudicata gestione dei propri affari illeciti da parte di Pascarella e del suo più fidato collaboratore Vigliotti, aveva il suo culmine nel tentativo di omicidio di quest’ultimo, perpetrato il 6 dicembre 2007 proprio adopera di pregiudicati affiliati ai “Mazzacane”.

le armi

(clicca per ingrandire)

BIGLIETTI LOTTERIA PER GIUSTIFICARE GUADAGNI ILLECITI.

Secondo le risultanze investigative, Antonio Pascarella aveva realizzato una rete criminale tanto capillare ed efficiente da consentirgli un guadagno mensile netto di 15mila euro, con la capacità finanziaria di investire costantemente decine di migliaia di euro nell’acquisto di nuove partite di droga e di disporre di finanziatori in grado di fornire un capitale di 100mila euro per l’acquisto di nuove partite di cocaina. Infatti, dopo il suo arresto, la Dda di Napoli disponeva il sequestro preventivo del “parco auto” nelle disponibilità di Pascarella costituito da: una Porsche Cayenne, una Porsche Boxster, una Bmw serie 530, una Fiat Punto e da una moto Yamaha R6. Pascarella, peraltro, preoccupato dalla evidente sproporzione tra le sue disponibilità ed il tenore di vita che conduceva rispetto al suo status di nullafacente, si prodigava nella ricerca di biglietti della lotteria vincenti, per i quali era disposto a pagare lautamente, al fine di giustificare tali ricchezze in caso di controlli delle forze dell’ordine. Lo stesso aveva anche progettato di impiantare una nuova piazza di spaccio a Cervino, suo paese di origine, dove operavano prevalentemente i fratelli Filippo e Gennaro, proponendosi di realizzare un giro d’affari di 100mila euro mensili. Un proposito vanificato dal suo arresto e dall’operazione conclusa la scorsa dalla polizia.

FURTO DI UN TIR. Nel corso delle perquisizioni, all’interno della casa di uno dei catturati, è stata rinvenuta una motrice, di proprietà della ditta “Sebastiano Mario” di Ariano Irpino (Avellino), carica di generi alimentari (pasta Barilla), rubata qualche ora prima ad Apice (Benevento) e di cui era stato denunciato il furto la stessa notte presso la Questura di Benevento. Al momento dell’irruzione veniva sorpreso mentre scaricava la merce dal rimorchio, riposta nel cortile adiacente l’abitazione, e sottoposto a fermo per ricettazione, Vincenzo Pennino, 27 anni, residente ad Ampollosa (Benevento), mentre altri due complici riuscivano a fuggire.

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