Caserta – Avevano messo in piedi un sistema di truffe riuscendo a raggirare numerose persone e convincendole a versare loro ingenti somme di denaro in cambio della falsa promessa di posti di lavoro nella Pubblica amministrazione. Con l’accusa di truffa aggravata, millantato credito e favoreggiamento reale, i carabinieri della compagnia di Caserta hanno indagato tre persone.
Si tratta di Rosalia Rita Diana, 65 anni, di Parete; Lucia Verrengia, 75 anni, di Mondragone, e Giuseppe D’Anna, 62, di Napoli. La prima è finita in carcere, per la seconda disposto obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, per D’Anna l’obbligo di dimora a Napoli.
Le indagini, svolte dalla compagnia dei carabinieri di Caserta e coordinate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, hanno consentito di accertare che i tre indagati avevano – attraverso una suddivisione di compiti molto efficiente e sicuramente funzionale rispetto al perseguimento degli obiettivi perseguiti – concorso a realizzare una serie ripetuta di condotte riconducibili alle fattispecie incriminatrici del millantato credito, della truffa aggravata e del favoreggiamento reale.
La condotta tipica di artifìci e raggiri perpetrata dagli indagati era sostanzialmente sempre la stessa in ognuno degli episodi ricostruiti: la Diana, funzionario del Ministero degli Interni presso il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta, grazie al passa-parola tra le vittime o, a volte, grazie all’attività di procacciamento messa in atto dall’altra indagata, Lucia Verrengia, avvicinava genitori preoccupati per il futuro incerto dei loro figli, e, millantando conoscenze importanti nel corpo dei Vigili del fuoco o in altre amministrazioni pubbliche, si rendeva disponibile a risolvere il problema occupazionale dei giovani in cerca di lavoro. Essa, a fronte della dazione di ingenti somme di denaro, che variavano dai 5mila ai 20mila euro, da destinare, a suo dire, alle predette “conoscenze importanti”, garantiva l’assunzione dei predetti giovani – spesso grazie alla partecipazione a procedure concorsuali, in realtà, inesistenti – delle quali assicurava il “sicuro” superamento. Ma poi, procrastinava, sine die e con pretesti assai fantasiosi, l’attesa assunzione.
Il numero delle vittime finora accertate è superiore a trenta e il provento accertato dell’attività delittuosa si aggira intorno ai 250mila euro. Tuttavia, le attività investigative ancora in corso dimostrano che il numero delle vittime è destinato a crescere, in quanto la Diana ha continuato nella sua attività fino all’esecuzione del provvedimento cautelare, con cadenza quasi quotidiana, reiterando promesse di assunzione dietro dazione di danaro.
La strategia criminale utilizzata dagli indagati si è dimostrata, a dir poco, scellerata, atteso che gli stessi, sfruttando l’attuale situazione di crisi economica ed occupazionale, hanno indotto ignari e preoccupati genitori a versare loro ingenti somme di denaro per assicurare un “posto di lavoro” ai figli disoccupati.
In alcuni degli episodi contestati, inoltre, è intervenuto anche un terzo soggetto, Giuseppe D’Anna: il suo ruolo era quello di fingersi, di fronte delle proteste delle vittime (che dopo aver consegnato il denaro pattuito non vedevano concretizzarsi l’assunzione), come la “persona importante” alla quale aveva fatto in precedenza riferimento la Diana, in sostanza come colui che avrebbe garantito la buona riuscita dell’operazione. Nei momenti di particolare fibrillazione, e cioè quando alcune delle vittime del raggiro chiedevano garanzie circa il buon esito della “pratica “, queste venivano messe in contatto proprio con D’Anna, il quale, telefonicamente, presentandosi come “ingegnere”, forniva rassicurazioni circa il futuro svolgimento della procedura concorsuale e circa la sicura e immediata assunzione.