La politica contro le mafie: De Magistris, Di Pietro e Cantone a confronto

di Redazione

 NAPOLI. Lo slogan dell’OrangeCamp recita: “L’arancione è il colore simbolo del cambiamento, di una mobilitazione dal basso che si fonda sulla partecipazione attiva dei cittadini della politica” …

… e le iniziative, tenutesi a Napoli tra il 2 e il 3 dicembre, vogliono affrontare un argomento di vitale importanza in Italia: “La politica contro le mafie”. Di particolare interesse è stato il dibattito organizzato dal Comune di Napoli in quel di Castel dell’Ovo, e diviso in una parte, svoltasi alle 9.30, ed un’altra tenutasi nella sessione pomeridiana. Il parterre dei relatori, che ha preso parte alla tavola rotonda mattutina, era composto da nomi altisonanti, ma soprattutto, quando allo stesso tavolo siedono magistrati, giornalisti, sindaci, società civile e politici nazionali, il contraddittorio si fa acceso. A moderare la discussione, ma a darne anche un po’ di pepe, è stato il noto giornalista Sandro Ruotolo. Molte le personalità di spicco che si sono passate il testimone.

Tra questi Lirio Abbate, il presidente di “Flare” Michele Curto, Giovanni Kessler – presidente di Olaf-Ufficio europeo per la lotta anti frode, Lorenzo Diana-Presidente Caan, ma il saluto spettava di dovere al padrone di casa Luigi de Magistris. Introdotto da Ruotolo, quale vittima di calunnie dei giornali sulla questione rifiuti, il sindaco partenopeo non le ha mandate certo a dire. “Lo Stato puo’ esistere senza le mafie, ma le mafie non possono esistere senza lo Stato”, questa è stata la sua chiara denuncia su cio’ che viene definita quale istituzionalizzazione della mafia. La “muta” delle mafie che da Antistato prima, ora si propongono sempre piu’ organiche al sistema civile e istituzionale, sta rendendo sempre meno riconoscibile l’asticella della legalità. Magistrati, imprenditori, politici, amministratori e giornalisti collusi, sono i nuovi soldati mafiosi di questa guerra silenziosa alla giustizia.

Le proposte concrete, per cercare di ridimensionare il ruolo economico degli affari illeciti, ci sono: la tassazione dei capitali scudati ad esempio, oggetto di discussione al governo in questi giorni e regolamenti nella pubblica amministrazione che ne scongiurino degenerazioni mafiose. Lo scroscio degli applausi non era ancora terminato, quando la parola è passata al Procuratore capo di Napoli Giovandomenico Lepore. Lo storico magistrato, ha denunciato la responsabilità dei politici anche nei confronti della magistratura. Chi piu’ di un legislatore puo’ legare le mani a giudici ed inquirenti? Il tutto gira intorno agli enormi capitali che fluttuano in questo circuito d’illegalità. A questo punto del consesso , un trafelato Antonio di Pietro, leader Idv, oltre che giustizialista convinto, è stato incalzato dalle domande di Ruotolo sul comportamento poco etico dei “suoi” Scilipoti e De Grgorio.

 L’onorevole non senza imbarazzi, ha cercato di sviare la provocazione, invocando come il “Porcellum” abbia aumentato la capacità contrattualistica del voto parlamentare. L’ex magistrato ha poi invocato una serie di provvedimenti per stroncare il rapporto tra mafia e politica, quale il divieto per i condannati di sedere in Parlamento e le dimissioni dei Ministri inquisiti per essere sottoposti a giudizio. Nulla su una possibile cernita alla base dei partiti dei propri candidati. Queste affermazioni, hanno portato ad una riflessione da parte del magistrato Raffaele Cantone, che da sempre, sollecita la società civile e la politica, in particolar modo, ad attivarsi in prima persona per verificare la credibilità dei suoi rappresentanti. Invece, le ultime notizie riferiscono di inchieste per associazione mafiosa a carico del vicepresidente della regione Lombardia, di un Ufficiale della Guardia di Finanza e di un magistrato, a dimostrazione che le mafie hanno preso possesso dei ruoli chiave nella società.

La politica in tal senso, non prende neppure provvedimenti decisi, come dimostrato dalla Riforma del 2009 sullo “Scioglimento dei consigli comunali”, definita disastrosa da Cantone stesso. Molte volte, le mafie piu’ che a livello nazionale, hanno bisogno di appoggi politici nelle amministrazioni locali, soprattutto per i tanto agognati appalti pubblici. E’ quindi, allo stesso modo assurdo, non prevedere lo scioglimento dei Consigli regionali anche alla luce di casi quali quello della Calabria, dove è stato accertato che su due consiglieri si sono canalizzati i voti ‘ndranghetisti, o in Campania, dove sono tre, i consiglieri su cui pende la 416 bis: reato di “Associazione camorristica”.

Infine, è giusto ricordare l’intervento di Silvana Fucito, l’imprenditrice vittima del racket nel suo negozio di vernici nel 2002. La donna ha fatto ammenda del suo atto di superbia nel trattare con i suoi estorsori e pagare il pizzo, fin quando, dopo essersi rifiutata, il negozio venne incendiato con gravi danni per tutto il quartiere. Mentre la gente fece terra bruciata intorno alla sua famiglia, Silvana ha raccontato di aver avuto il massimo sostegno dalle istituzioni, dalla polizia fino alla Questura. Questo le ha permesso, seppure alla fine di un lungo cammino, di riacquisire la sua azienda e la sua dignità. Tale modello, grazie anche alle associazioni antiracket, è stato proposto ad Ercolano dove 40 commercianti hanno denunciato i membri dei clan estorsori rendendo la città derackettizzata.

E’ forse giusto, ricordare questa testimonianza come simbolo di vittoria della società sana sulle mafie. Tuttavia, la lotta alla legalità troppe volte viene usata come paravento, dietro il quale si nascondono gli interessi dei corrotti e di coloro che vogliono dare onorabilità ad attività poco chiare. Per questo, alle migliaia di belle parole spese in mattinata, bisogna dar seguito con i fatti, altrimenti anche questi giorni, avranno rappresentato l’ennesimo ipocrita esercizio di retorica.

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