Lecce – I finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Lecce hanno eseguito nove ordinanze cautelari restrittive della libertà personale a carico dei componenti di un gruppo criminale con base a Galatina, sequestrando beni mobili immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro.
Le indagini, dirette dal procuratore Cataldo Motta e dal sostituto Alessio Coccioli, hanno consentito di disarticolare una pericolosa associazione a delinquere, dedita all’usura, all’esercizio abusivo della raccolta del risparmio, a condotte estorsive, al riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza delittuosa nonché alla turbativa d’asta, capeggiata da soggetti contigui ad esponenti di rango del clan mafioso Coluccia.
Le complesse investigazioni, condotte dal Gruppo investigativo criminalità organizzata della Guardia di Finanza di Lecce, hanno evidenziato come la consorteria, anche in ragione della vicinanza al clan Coluccia, nel perseguire i propri intenti criminali si avvalesse di modalità mafiose, accompagnando le proprie pretese creditorie con comportamenti minacciosi sfociati in numerosi episodi di estorsione e di violenza privata.
L’organizzazione, infatti, oltre ad esercitare abusivamente l’attività finanziaria verso un’ampia platea di soggetti, tra i quali numerosi imprenditori in stato di bisogno, poneva in essere vere e proprie attività usurarie, con l’applicazione di tassi di interesse oscillanti tra il 121% ed il 183% annui.
Al fine di ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa dei proventi di tali attività, gli assegni bancari ed effetti cambiari che gli indagati ricevevano anche a garanzia dei prestiti concessi, venivano negoziati su conti correnti intestati a terze persone a loro riconducibili.
E’ stata anche accertata una condotta delittuosa a danno del Fondo di Solidarietà Antiracket e Antiusura, attraverso l’induzione in errore del commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura all Ministero degli Interni. In sostanza, uno degli attuali usurati, un imprenditore edile, formulava istanza di accesso al predetto Fondo in relazione ad episodi di estorsione subiti alcuni anni prima da altro gruppo criminale (rientranti in altro procedimento penale), rappresentando falsamente l’esistenza di un debito commerciale nei confronti di uno degli appartenenti al clan. In tal modo otteneva una maggiore erogazione rispetto al dovuto, di circa 115mila euro, che riversava al suo aguzzino non già quale saldo del debito commerciale bensì – come poi emerso dalle indagini – quale corresponsione di interessi usurai dovuti all’organizzazione.
Si è accertato, inoltre, come taluni proventi conseguiti dai delitti di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria fossero stati impiegati per finanziare attività commerciali riconducibili a congiunti degli indagati, una delle quali operante nel commercio di oro e preziosi, ovvero utilizzati per investimenti nel settore immobiliare, come attestato dalla frequente partecipazione di taluni degli arrestati alle procedure esecutive presso il Tribunale di Lecce.
Riscontri sulla regolarità di tali aggiudicazioni hanno evidenziato gravi condotte tese a turbare la libertà degli incanti, mediante minacce di azioni ritorsive rivolte dai sodali contro privati per costringerli ad abbandonare l’asta al fine di ottenerne l’aggiudicazione.
È emerso, infine, come uno dei capi dell’organizzazione, agendo in concorso con alcuni dipendenti pubblici in servizio al Comune di Galatina, fosse riuscito a turbare una procedura pubblica di aggiudicazione con riferimento alla gara d’appalto per il “servizio di refezione delle scuole dell’infanzia statali in gestione diretta – anno scolastico 2011/2012”, consentendo l’assegnazione del relativo servizio alla ditta individuale riconducibile alla propria coniuge.
Rilevata l’enorme ricchezza accumulata dai componenti del sodalizio, frutto delle illecite attività poste in essere dall’organizzazione, venivano eseguiti approfonditi accertamenti patrimoniali finalizzati alla confisca dei beni, che consentivano di acquisire significative evidenze in ordine alla fittizia intestazione di beni dal rilevante valore in favore di prossimi congiunti degli indagati, al fine di eludere l’applicazione della normativa antimafia in tema di confisca dei patrimoni detenuti in misura sproporzionata alle fonti reddituali lecite.
Sequestrati: sei fabbricati; un opificio industriale; 13 beni mobili registrati (auto/motoveicoli); una società di capitali (il sequestro riguarda il capitale sociale e l’intero compendio aziendale); due ditte individuali; quote di capitale sociale per un valore nominale pari a 3.500 euro; saldi attivi riferiti a 26 rapporti finanziari; 10 rapporti assicurativi/fondi pensione.