Sepe riflette sulle “7 opere di Misericordia”

di Redazione

 NAPOLI. La fede senza le opere è morta. A che serve avere fede se non si hanno le opere? Intorno a queste riflessioni si è sviluppato il terzo appuntamento dei “Dialoghi con la città”, organizzati dalla Curia di Napoli.

L’Arcivescovo metropolita, il cardinale Crescenzio Sepe, ha incontrato al Museo Diocesano il professor Luigi Fusco Girard, ordinario di Economia ed estimo ambientale e di Economia urbana e regionale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e Direttore della Scuola di Dottorato in Architettura della stessa Università.

“Il Museo diocesano – ha spiegato Sepe – non serve soltanto a custodire opere d’arte, ma anche ad avvicinare il popolo di Dio a rileggere la sua storia attraverso il patrimonio di fede, espresso con il linguaggio della bellezza. Si tratta di un altro modo di narrare il Vangelo, di testimoniare la fede viva di una tradizione – quella napoletana – che non ha mai disdegnato l’arte la quale, per essere “creata”, ha bisogno dell’ispirazione. In tal modo, l’artista si avvicina a Dio e diventa, spesso inconsapevolmente, una guida verso la scoperta del Mistero”.

I dialoghi hanno affrontato il tema al centro di un della Lettera di Giacomo al capitolo 2, e da un quadro di Caravaggio ospitato a Napoli, il cui titolo è le Sette opere di misericordia, dipinto tra la fine del 1606 e l’inizio del 1607. La domanda che pone Giacomo, che si definisce “servo di Dio e del Signore Gesù Cristo”, scuote ancora le coscienze: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? – chiede Giacomo – Quella fede può forse salvarlo?”.

Se per fede s’intende soltanto accettare delle verità e credervi, allora si corre il rischio di cui parla san Giacomo: quel tipo di fede non salva! Da qui il riferimento alle 7 opere di misericordia di Caravaggio.

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