Gricignano – “Chi inquina paga”, ma fino ad un certo punto. Lo ha deciso la prima sezione del Tribunale amministrativo regionale della Campania che ha accolto in parte il ricorso della “Mirabella Spa”, società proprietaria dell’insediamento abitativo Us Navy, contro il Comune di Gricignano, annullando parzialmente la delibera del Consiglio Comunale (numero 14 del 26 settembre 2014), riguardante l’approvazione per l’anno 2014 delle tariffe Tari e delle aliquote Imu.
All’interno del comprensorio immobiliare concesso in locazione alla Mirabella dal governo degli Stati Uniti d’America, sono collocati edifici classificati nella categoria C3 della tassa rifiuti. Il 26 settembre del 2014 il Consiglio comunale di Gricignano, proprio per la categoria C3, rimodulava la tariffa Tari in aumento, rispetto a quella applicabile per il 2013, di una percentuale pari al 57%, mentre per le altre categorie di utenze l’aumento restava fissato al 10%.
Tale decisione poggiava, appunto, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dalla direttiva europea del 2008, alla luce della sostanziale indifferenza dei residenti della Us Navy nel corretto espletamento della raccolta differenziata, come testimoniano i risultati riguardanti la prima parte dell’anno 2014: una percentuale del 40% raggiunta nel centro abitato rispetto al 20% della cittadella Us Navy. Pertanto, il Comune ha applicato un aumento delle aliquote per la categoria di fabbricati C3.
A fronte del ricorso della Mirabella, il Tar ha fatto alcune considerazioni. In primis, esiste difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, poiché sono stati impugnati atti di imposizione tributaria, dunque di competenza del giudice tributario. Il ricorso è da considerare improcedibile anche a causa della mancata impugnazione della cartella esattoriale Tari emessa per il 2014.
La Mirabella, inoltre, sottolineano i giudici, gode di legittimazione attiva in virtù della clausola di accollo cumulativo contenuta nel contratto di locazione stipulato con l’amministrazione americana, che la vincola all’assolvimento in via solidale di qualsiasi obbligazione tributaria connessa al servizio rifiuti, tra cui rientra anche la Tari.
Tuttavia, per il Tar il Comune di Gricignano ha applicato erroneamente l’articolo 1, comma 652, della legge 147/2013, il quale, nel dettare i criteri di fissazione della Tari, non fa riferimento alla percentuale di raccolta differenziata di un quartiere o di una parte del territorio, ma invece agli usi ed alle tipologie da accertarsi per verificare se certi usi o certe tipologie arrechino maggior danno ambientale (ad esempio, industrie).
“Il Comune – spiegano i giudici amministrativi – in alternativa ai criteri di cui al comma 651 e nel rispetto del principio ‘chi inquina paga’, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal Comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti”.
“L’amministrazione comunale, che ha posto a fondamento della delibera 14/2014 tale disposizione, – continuano dal Tar – non ne ha fornito una corretta attuazione, travisandone il senso e ritenendo che la Tari potesse essere commisurata alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta da una certa categoria di utenti, mentre la norma è chiara nel collegare l’importo del tributo ai diversi parametri ‘degli usi e della tipologia delle attività svolte’, con ciò volendo significare che le differenziazioni di trattamento tariffario devono trovare giustificazione nel maggior carico ambientale ascrivibile a determinate attività umane in virtù della loro più sviluppata capacità di produrre rifiuti inquinanti, indipendentemente dalla modalità (differenziata o indifferenziata) con cui viene effettuata la raccolta”.
Secondo la legge, in altri termini, le maggiorazioni tariffarie non sono modulabili in ragione delle (minori o maggiori) percentuali di raccolta differenziata, ma in virtù dell’intrinseca maggiore attitudine inquinante della singola attività umana, essendo, ad esempio, immediatamente comprensibile che diverso peso assumono i carichi ambientali di una civile abitazione e di un’attività industriale. Altrimenti significherebbe attribuire alla disposizione europea un’impropria funzione sanzionatoria dei comportamenti della cittadinanza non consoni ai doveri imposti dal sistema di raccolta differenziata, per il cui rispetto sono invece predisposti altri strumenti dell’ordinamento, come le sanzioni amministrative.
La delibera del Consiglio, dunque, per il Tar va annullata solo nella parte in cui ha determinato la tariffa Tari 2014 per la categoria C3. Per il resto, ovviamente, resta in vigore.