Bari – “Duemila euro o qui non si lavora”. Sono queste le minacce rivolte ad un imprenditore edile barese, da parte di due individui del quartiere Libertà, arrestati questa mattina dai carabinieri della compagnia di Bari Centro, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura della Repubblica, ritenute responsabili di una tentata estorsione aggravata.
Duemila euro per poter portare a termine i lavori: questa la somma di denaro che era stata richiesta al costruttore, per poter lavorare in tranquillità e portare a termine la ristrutturazione di un condominio, che lo stesso aveva iniziato in Corso Mazzini.
I due indagati, Giuseppe Abbaticchio, 39enne, già sorvegliato speciale, discendente di più noti elementi del clan “Abbaticchio”, attivo a Bari negli anni ‘90, unitamente ad Antonio Monno, un 28enne incensurato dello stesso quartiere, nel decorso mese di giugno, si sono recati più volte presso il cantiere, successivamente ad alcuni danneggiamenti “sospetti” verificatisi in quel luogo, chiari segnali per un difficile futuro.
Dopo aver preso contatti con gli operai e con il capo-cantiere, gli aguzzini hanno avanzato delle richieste di denaro, minacciandoli che sarebbe stato meglio per loro non presentarsi al lavoro, qualora non avessero pagato.
Determinante è stata la denuncia immediata e la piena collaborazione offerta dell’imprenditore, anch’egli vittima delle incalzanti richieste e che, per nulla intimorito, ha riferito tutto ai carabinieri, permettendo di documentare la dinamica estorsiva e far sì che i due, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, potessero essere assicurati alla giustizia.
Sullo sfondo, alcuni aspetti inquietanti: “Qui pagano tutti!”. Affermazioni degli estorsori rivolte alla vittima, per farla sentire “diversa” ed indurla a pagare, nonostante le sue opposizioni e millantati trattamenti di favore per la vicinanza della sua sede societaria alla compagine criminale del quartiere Madonnella.
I due si trovano ora rispettivamente, come disposto dal Tribunale, il più grande in carcere e l’altro, agli arresti domiciliari. Ennesima dimostrazione che la denuncia è l’unico strumento per contrastare realmente ed efficacemente il fastidioso fenomeno estorsivo.