Carinaro – L’ evento della commemorazione del decennale della morte di don Gennaro Morra era un’occasione unica, forse irripetibile perché chi rappresenta il governo della Città potesse dare testimonianza della gratitudine dell’intera comunità verso quella persona che negli ultimi 60 anni aveva dimostrato di essere il vero e più grande benefattore di Carinaro.
Questa occasione, a mio avviso, è stata sprecata perché chi ha organizzato l’evento ha dimostrato di avere più a cuore l’aspetto esteriore e coreografico della manifestazione che il bisogno di dare il segno tangibile della riconoscenza del paese nei confronti di chi, nel corso dei 50 anni di permanenza tra la nostra gente, aveva dimostrato concretamente di amarla e servirla disinteressatamente.
Dico queste cose con serenità e senza farmi prendere da “animus confligendi” nei confronti di chi ha voluto e preparato l’evento. L’aver vissuto gran parte della mia vita gomito a gomito con don Gennaro e l’essere stato testimone di tanto bene che Egli ha fatto alla nostra comunità, mi ha provocato una rabbia incontenibile nel vedere il limitato sforzo dell’Amministrazione nel dedicargli, in occasione del decennale dalla morte, un piccolo e modesto spazio – lo slargo davanti alla sede del Banco di Napoli -, quando in altre occasioni nei confronti di altre figure scomparse, certamente meno illustri e senza particolari meriti, erano state dedicate vie o spazi pubblici della Citta, di gran lunga più importanti e significativi.
Il busto da me fatto erigere ai piedi della scalinata della Chiesa, in area di proprietà di quest’ultima, a distanza di due anni dalla Sua scomparsa, voleva soltanto essere un invito per i passanti a ricordarsi di un grande parroco e di un grande benefattore. E, poiché la legge non mi consentiva di dedicargli spazi pubblici perché non erano trascorsi i prescritti 10 anni dalla morte, si aspettava il decennale per fare le cose in grande.
La risposta è stata deludente ed inadeguata; non è riuscita assolutamente ad esprimere la gratitudine che la comunità carinarese avrebbe voluto manifestare nei confronti del suo Parroco e di colui che aveva speso tutta la sua vita a fare il bene del paese.
Don Gennaro era stato non solo uno straordinario pastore di anime, ma anche qualcosa in più, ossia un interprete magistrale di come il Vangelo ritiene che debba essere l’impegno dell’uomo nel sociale, ossia di totale disponibilità verso i poveri, i sofferenti, gli umili e quelli che hanno bisogno.
E, in quei tempi, i bisogni della gente erano veramente tanti. Per tutti c’era un aiuto, una carezza, un sorriso, un cenno di accondiscendenza e tanti posti di lavoro, arruolamenti nei corpi dello Stato, trasferimenti, pensioni civili e militari, finanche mediazioni per la pace tra le famiglie. In queste attività a favore della gente di Carinaro era instancabile, mai arrendevole fino a quando non riusciva a risolvere il problema.
E cosa dire poi dell’impegno di don Gennaro a favore della Città di Carinaro? Per oltre 30 anni fu sempre al mio fianco, a Roma come a Napoli, presso i Ministeri o presso i Presidenti di Regione, sempre insieme a me a combattere perché` Carinaro fosse più bella, più civile, più progredita, più ammirata. Dietro tante opere di civiltà che sono riuscito a portare a termine per il nostro paese, c’era sempre la manina anche di don Gennaro.
Di fronte alla statura del personaggio e tenuto conto del mondo di bene che egli ha fatto in favore del paese e dei nostri cittadini, mi viene spontanea la domanda: don Gennaro non aveva diritto ad un diverso e maggiore riconoscimento dalle Istituzioni civili locali? Perché si è fatto tutto in fretta, senza coinvolgere in modo pieno innanzitutto il Parroco di Carinaro e poi l’intera Città?
Si poteva, ad esempio, dedicargli piazza Trieste (visto che c’è anche via Trieste), che è la piazza principale del paese il cui nome non ha più ragione di essere mantenuto, atteso che nei tempi attuali siamo chiamati a ragionare con la visione europea?
Si poteva addirittura dedicargli il corso principale della Città, ossia via Campo, che ha una denominazione vecchia, obsoleta, senza alcun significato in quanto non più rappresentativo di quel campo di manovre militari del periodo bellico ed anche perché` oggi esso è stato trasformato in villa comunale?
Modificare questi due spazi pubblici non avrebbe comportato nessun sconvolgimento anagrafico, atteso che su Piazza Trieste o su Via Campo si affacciano ben poche abitazioni.
Non ci voleva un grande sforzo mentale per tributare un migliore e più significativo riconoscimento alla persona che, oltre alle tante opere realizzate (Chiesa monumentale, Casa di Riposo per anziani, Scuola materna, Casa per l’infanzia abbandonata, campo sportivo parrocchiale eccetera.) ha fatto un mondo di bene al nostro paese, contribuendo al risveglio e al riscatto della comunità.
Fa rabbia se per una stupida e riprovevole voglia di primogenitura nel preparare l’evento, si sia sprecata una straordinaria occasione per dimostrarci all’altezza dell’importante avvenimento e per essere in sintonia con quelli (e sono tanti) che hanno amato e tuttora amano l’illustre benefattore e filantropo scomparso.
Ci sarà un ripensamento nel prossimo futuro? Spero proprio di sì, anche perché l’amministrazione deve essere certa che questo desiderio di esprimere migliore gratitudine alberga nel cuore di tutti i Carinaresi.
Mario Masi