Cesena – Riciclaggio, frode fiscale, associazione per delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, simulazione di reato e falso in bilancio, queste sono tutte le accuse formulate dagli investigatori della Compagnia della Guardia di Finanza di Cesena che, su diretta delega del procuratore della Repubblica di Forlì, Sergio Sottani, hanno portato al termine l’inchiesta sulla precedente gestione del Cesena Calcio, che ha visto coinvolti, tra gli altri, Igor Campedelli, ex presidente della Ac Cesena Calcio spa, e Potito Trovato, imprenditore del settore alberghiero ed edile che opera sul locale territorio.
L’ingente mole di documentazione sequestrata nell’aprile del 2014 presso la sede del Cesena, presso le sedi di numerose società riconducibili direttamente ed indirettamente a Campedelli e a Trovato, presso alcuni studi di commercialisti e presso una società fiduciaria milanese, è stata attentamente analizzata dalle Fiamme Gialle che hanno scandagliato oltre mille faldoni di documenti relativi agli apparati contabili di 25 società, sono stati eseguiti accertamenti bancari su oltre 100 rapporti bancari, riconducibili alle società ovvero ai loro legali rappresentanti, parte dei quali ottenuti, anche, in virtù di una rogatoria internazionale con la Repubblica di San Marino, disposta dall’autorità giudiziaria inquirente.
E’ stato provato, sostanzialmente, che attraverso la predisposizione di falsi contratti per fornitura di servizi, realizzazione di lavori e prestazioni di consulenze – tutti contabilmente giustificati da fatture per operazioni inesistenti per oltre 7 milioni di euro – gli indagati hanno depauperato le casse della società sportiva al fine di appropriarsi delle illecite risorse provenienti dalla frode fiscale, creandosi, altresì, un importante ed illecito sgravio fiscale a fine anno.
L’attività investigativa ha consentito di individuare il sodalizio tra il presidente pro tempore della società calcistica, quattro imprenditori e due commercialisti cesenati i quali, a vario titolo, abusando delle proprie specifiche posizioni “di fiducia” nonché – in alcuni casi – dei più alti incarichi dirigenziali all’interno del club calcistico, hanno posto in essere una serie di raggiri contabili ed amministrativi attraverso la predisposizione e l’utilizzo di documenti falsi finalizzati a procurarsi indebiti risparmi d’imposta ed alla creazione di “fondi neri” a discapito delle casse Ac Cesena spa.
Il ruolo dell’imprenditore edile coinvolto nella vicenda era anche quello di riciclare il denaro proveniente dalla citata frode – pari a circa 2,5 milioni di euro – attraverso l’interposizione di sue società e propri conti correnti, per impedire la riconducibilità dei proventi del reato.
Attraverso le indagini finanziarie ed a seguito della specifica attività rogatoriale con la Repubblica di San Marino, sono state, infatti, ricostruite numerose operazioni bancarie, che hanno consentito di “seguire” il denaro che usciva dalle casse della società calcistica per finire nei conti correnti personali nazionali e sammarinesi del presidente pro tempore, ovvero nelle casse delle società immobiliari a lui riconducibili, dopo essere transitato all’interno di conti correnti riconducibili a varie società del predetto imprenditore edile.
Ruolo diverso, invece, è stato attribuito a Luca Mancini, commercialista ed ex direttore generale del Cesena, che dopo aver procurato finanziamenti di svariati milioni di euro alla stessa società sportiva – da parte di un investitore – avrebbe raggirato i soci e gli altri dirigenti procurandosi, attraverso la compiacenza del consapevole presidente pro tempore, onerosi contratti afferenti a prestazioni professionali mai eseguite che venivano regolarmente pagati nonostante la gravosa situazione finanziaria della società che, all’epoca dei fatti, era fortemente esposta con banche e fornitori e doveva all’Erario oltre 10 milioni di euro di Iva; addirittura i pagamenti di tali prestazioni li realizzava direttamente lo stesso consulente fiscale che era l’unico abilitato ad operare sui conti correnti bancari intestati alla Ac Cesena spa che contenevano i fondi provenienti dal finanziatore. Con tali stratagemmi, il professionista sarebbe riuscito ad appropriarsi di oltre un milione di euro.
Gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno, infine, ipotizzato anche il reato di falso in bilancio correlato a plusvalenze generate dalla compravendita di noti calciatori di serie A, il più famoso dei quali, di origine nipponiche – comprato dal Cesena Calcio e dopo poco ceduto ad una delle più importanti squadre calcistiche italiane.
In particolare, il valore dei giocatori, in alcuni casi, veniva artificiosamente sopravvalutato al fine di ridurre sensibilmente le perdite di esercizio, circostanza che, ai sensi del decreto legislativo 231/2001 potrebbe causare non pochi problemi alla società calcistica, nei cui confronti, secondo i principi della Responsabilità amministrativa degli Enti, potrebbe essere comminata la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote, per non aver posto in essere alcun modello organizzativo che riducesse il rischio del verificarsi di tali alterazioni al bilancio.
L’indagine svolta, ed i conseguenti dati bancari e contabili analizzati, aprirà ora la strada alle Fiamme Gialle ad una serie di controlli fiscali finalizzati all’accertamento dei danni provocati all’Erario, sotto forma di omesso pagamento delle imposte dirette ed indirette, reso possibile grazie ai numerosi artifici contabili realizzati e dall’incredibile volume di fatture per operazioni inesistenti emesse ed utilizzate dalle varie società coinvolte nella vicenda penale, per un totale di oltre 11 milioni di euro.