Roma – Si presenta ancora tortuosa la strada delle riforme sulle unioni civili, in particolare per la questione omosessuali e “stepchild adoption” (letteralmente adozione del figliastro). Nel Pd sono in corso approfondimenti sulla proposta Cirinnà.
La discussione si è protesa per ore nel pomeriggio di lunedì 18 gennaio a livello di “bicameralina”, vale a dire nel comitato informale composto dai cinque deputati e dagli altrettanti senatori che sono stati incaricati dal premier di studiare eventuali ritocchi. Questi ritocchi mirano non allo stravolgimento della riforma ma semplicemente a evitare che le unioni civili somiglino troppo a un vero e proprio matrimonio poiché, se ciò accadesse, la nuova legge troverebbe un muro nelle fasi successive e rischierebbe di essere bocciata dalla Corte costituzionale.
Solo ultimamente si è evidenziata una sentenza del 2010 che va in senso contrario a una equiparazione piena e totale tra i due istituti. E a sollevare questo problema risulta abbia provveduto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, il quale prima di essere eletto Presidente era stato giudice della Consulta.
Nella mattinata del 18 gennaio, “la Repubblica” ha specificato che al Quirinale non vi sarebbero obiezioni di tipo costituzionale sulla cosiddetta “stepchild adoption” e la ragione, secondo alcune voci, va collegata alla circostanza che la Consulta non si occupò della materia, dunque non ebbe modo né di dare un via libera né tantomeno di fissare dei paletti.
Intanto, in ambito governativo sta crescendo la preoccupazione che l’intera norma sulle adozioni (articolo 5) possa essere bocciata a voto segreto, una situazione che il premier Renzi cercherà di evitare in tutti i modi. Tuttavia l’ipotesi peggiore deve essere comunque messa in conto, in quel caso il Pd punterà a salvare il resto della riforma: anche senza “stepchild adoption” il Pd vuole che le unioni civili divengano legge.
“Non c’è alcuna equiparazione con il matrimonio e non c’è niente da cambiare nel testo”. La madrina del ddl Unioni civili, Monica Cirinnà, difende ancora il testo dalle pagine di Repubblica precisando che proprio per quanto riguarda l’articolo 2 della legge “persino i riti sono diversi, per l’unione civile sono escluse tutte quelle pratiche di natura simbolica che esistono per il matrimonio. Quindi per le coppie omosessuali non ci sono le pubblicazioni, si va in municipio con i testimoni. Per il rito matrimoniale il sindaco deve leggere gli articoli del codice civile sul matrimonio. Mentre nell’unione civile il sindaco si riferirà esclusivamente alle norme contenute nella legge. Sull’uso del cognome: nell’unione civile è una opzione”.