Caserta – Sei arresti, tra le province di Caserta, Avellino, L’Aquila e Oristano, eseguite dai carabinieri contro il clan casertano degli Esposito, alias “Muzzoni”, di Sessa Aurunca.
Coordinati dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, i militari della compagnia sessana hanno accertato la sussistenza di un’associazione a delinquere operante nella provincia di Caserta, in particolare nei territori di Sessa Aurunca, Carinola e Cellole, oltre che nel basso Lazio.
In carcere Orlando Lettieri, Pietro Lopetrillo e Luigi Zuccheroso. Già detenuti gli altri tre arrestati: i due fratelli del boss Mario Esposito – Giovanni Esposito (fratello del capoclan Mario, arrestato il 14 febbraio 2013) ed Emilio Esposito – e Domenico Gallo.
Il provvedimento recepisce gli esiti di un’articolata indagine, condotta tra il novembre 2011 e l’aprile del 2014 sulle attività criminose dei “Muzzoni”, la cui esistenza è attestata dalla sentenza di condanna, emessa il 26 maggio 1998, dalla Corte d’Appello di Napoli che riconosce il ruolo di capoclan a Mario Esposito che costituì un’organizzazione di tipo familiare in quanto composta dai parenti più stretti e dagli amici più fidati del boss.
A seguito di un atto intimidatorio commesso da alcuni sodali con l’utilizzo di armi da sparo nei confronti di un commerciante della zona, le indagini dei carabinieri consentirono di individuare gli esecutori materiali dell’attentato, dopo il quale uno dei responsabili decideva, di lì a poco, di collaborare con la giustizia. Nel corso delle successive indagini furono sequestrate le armi utilizzate dal gruppo per la commissione di altri atti intimidatori.
Gli spunti offerti dalle dichiarazioni dei pentiti e le ulteriori indagini, consistite in attività di intercettazione, servizi di pedinamento e riscontri, hanno consentito di confermare l’ipotesi accusatoria circa l’operatività, sino ad oggi, del clan Esposito, dedito principalmente alle estorsioni. Al suo interno i componenti, tutti legati da stretti vincoli di parentela, c’erano ruoli ben definiti, come la custodia degli elenchi delle vittime di estorsione e l’affidamento della gestione della cassa per il sostentamento dei familiari degli affiliati detenuti.
Accertate 13 estorsioni, perpetrate col metodo mafioso, nei confronti di imprenditori e commercianti della zona, oltre ad una serie di atti intimidatori con l’utilizzo di armi da sparo o tramite attentati incendiari. Alcuni esponenti del clan, inoltre, hanno favorito la latitanza di due boss.