Scatta da oggi la “liberazione dalle tasse” con il “Tax freedom day”: in pratica chi lavora lo ha fatto fino ad oggi per pagare il fisco. Da oggi in poi potrà intascare invece i suoi soldi usando però un reddito sempre più ‘eroso’ come dimostrano anche gli ultimi dati sugli studi di settore diffusi dal Mef. Grazie a un esercizio puramente teorico, spiega la Cgia di Mestre, è stato misurato, sulla base della ricchezza prodotta e del carico fiscale presente nel nostro Paese, quanti giorni sono necessari ai contribuenti italiani per onorare tutte le scadenze fiscali. L’elaborazione indica che per il 2016 sono stati necessari 154 giorni di lavoro; 3 in meno del 2015, ma 5 in più rispetto a 20 anni fa e 7 in più rispetto al 2006.
Nel confronto con i principali Paesi europei, secondo i calcoli Cgia riferiti al 2015, i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 7 giugno, vale a dire11 giorni in più della media Ue. Tra i nostri più diretti concorrenti solo la Francia ha registrato uno score peggiore, 174 giorni, mentre in Germania il cosiddetto”tax freedom day” è scattato dopo 145 giorni, 12 giorni in meno, in Olanda dopo 137 giorni, nel Regno Unito dopo 127, 30 giorni prima che in Italia, e in Spagna dopo 126 giorni. Ci vuole dunque quasi mezzo anno per pagare tutte le tasse.
Una situazione resa ancor più difficile in tempi di crisi dalla inevitabile contrazione dei redditi. Secondo gli ultimi dati diffusi dal Mef sugli studi di settore nel 2014 infatti, ad esempio le attività legate all’edilizia presentano in media un reddito dichiarato in perdita di 11.400 euro, seguiti da chi ha attività legate alla pesca, -11.300 euro. Il 2014 anno nero anche per chi gestisce impianti sportivi, -10.300 euro. Va però peggio a chi fabbrica ceramiche e terrecotte, che dichiara una perdita media di oltre 17mila euro. Rosso anche per gli ambulanti che vendono abbigliamento, -11.700 euro.
Anche la bellezza si trascura in tempi di crisi. E si registra un “anno nero” per Spa, terme e centri estetici, che dichiarano redditi medi in perdita di 6.300 e 3.000 euro. E la cultura risente delle difficoltà dell’economia, con le librerie in media in rosso per 3.700 euro, mentre chi lavora nel cinema o fa la guida turistica è comunque tra gli incapienti. Va un po’ meglio del 2013, anche se ancora con il segno meno, per l’industria del divertimento, con discoteche e night club con perdite medie per 700 euro. Con la crisi si va inoltre meno dal parrucchiere, ma anche al bar o al ristorante. E si spende meno per giornali e riviste, per abbigliamento e scarpe, ma anche per i giochi dei bambini e per lo psicologo.
Tra chi dichiara un reddito inferiore agli 8mila euro i commercianti al dettaglio, sia nei negozi sia gli ambulanti, ma anche corniciai, fruttivendoli, gelatai, e chi offre servizi di ristorazione in genere o piccole riparazioni di beni di consumo. Tra gli incapienti anche gli psicologi, che dichiarano in media un reddito di 800 euro l’anno, traslocatori e chi si occupa di piccolo trasporto merci così come chi affitta le barche. In difficoltà anche i rivenditori di automobili e chi commercia moto e motorini.